Va risolto con comunicazione scritta il contratto di locazione ad uso abitativo.
Detto ultimo contratto è soggetto all’obbligo di forma scritta ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della Legge n. 431/1998 e non può trovare, dunque, applicazione, in questo caso, il principio di libertà delle forme, valevole solamente per i contratti in forma scritta per volontà delle parti ma non per quelli per i quali la forma scritta sia prescritta dalla legge ad substantiam.
Ne discende che l’eventuale patto con cui le parti si siano accordate oralmente circa la rinunzia al preavviso di recesso in forma scritta, per come previsto dal contratto di locazione ad uso abitativo, è nullo.
E’ quanto enunciato dai giudici di Cassazione nel testo dell’ordinanza n. 22647 depositata il 27 settembre 2017, con la quale è stata accolta l’impugnazione avanzata dalla parte locatrice contro la decisione che aveva dato ragione alla conduttrice, oppostasi rispetto alla richiesta di pagamento dei canoni di locazione a lei ingiunti a seguito di suo recesso, senza preavviso, dal contratto.
I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano accolto le deduzioni della parte conduttrice in considerazione del preavviso oralmente dato dalla stessa circa la propria intenzione di recedere dal contratto.
Ma, come ricordato dalla Suprema corte, la comunicazione di recesso andava data in forma scritta.
Questa Corte – si legge nel testo della decisione - ha ripetutamente affermato che “la risoluzione consensuale di un contratto può avvenire anche con una manifestazione tacita di volontà, salvo che per il contratto da risolvere non sia richiesta la forma scritta ad substantiam".
E nella specie, il contratto da risolvere era soggetto proprio all'obbligo di questa ultima forma.
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