Contributo per il permesso di soggiorno: la parola alla Corte Ue

Pubblicato il 29 maggio 2014 Il TAR del Lazio, con ordinanza n. 5290 del 20 maggio 2014, ha rimesso alla Corte di Giustizia Ue la seguente questione pregiudiziale di corretta interpretazione della normativa interna in rapporto a quella comunitaria sovraordinata in relazione al contributo chiesto dalla normativa nazionale per il rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno.

Si chiede se i principi fissati dalla Direttiva del Consiglio 2003/109/CE e successive modifiche ed integrazioni, ostano ad una normativa nazionale quale quella delineata dall’art. 5, comma 2-ter, D.Lgs. 25 luglio 1998 n. 286, nella parte in cui prescrive che la richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno degli extracomunitari venga sottoposta al versamento di un contributo il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro con Decreto interministeriale (Economia e Interno), che stabilisce altresì le modalità del versamento, fissando in tal modo un importo minimo del contributo pari ad otto volte circa il costo per il rilascio di una carta d’identità nazionale.

La questione di legittimità del contributo è stata sollevata da un Sindacato ed un Patronato ed il TAR del Lazio ha evidenziato come la distanza in termini economici rispetto all’importo richiesto per il rilascio del documento di identità sembrerebbe irragionevole.

Conseguentemente, l’esercizio del potere discrezionale nella fissazione dell’importo sarebbe espressione di un’attuazione sproporzionata dell’autonomia lasciata allo Stato membro dalla citata direttiva nell’individuazione dell’ammontare del contributo che può essere imposto.
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