In tema di condominio, è possibile che vengano adottate delle discipline convenzionali le quali, derogando ai principi di cui all’articolo 1123 del Codice civile, imputino ad alcuni condomini degli oneri di gestione non proporzionali rispetto a quelli che scaturiscono dalla quota millesimale di riferimento.
Tali specifiche convenzioni devono, tuttavia, essere contenute in un regolamento condominiale contrattuale, o in una deliberazione assembleare che deve essere approvata all’unanimità di tutti i condomini, a pena di radicale nullità delle medesime.
La disciplina del Codice del consumo riguardo alle possibili clausole vessatorie, in detto contesto, è applicabile solo con riferimento alle convenzioni di ripartizione delle spese condominiali predisposte dal costruttore o dall’originario proprietario dell’edificio, in quanto oggettivamente ricollegabili all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale da quello svolta; questo, sempre che il condomino acquirente dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva, dovendo rivestire lo status di consumatore, agisca per soddisfare esigenze di natura personale, non legate allo svolgimento di attività a sua volta imprenditoriale o professionale.
Questi principi sono stati di recente ribaditi dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 16321 del 4 agosto 2016.
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