Corte di giustizia: l'Italia non ha recepito correttamente la Direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia

Pubblicato il 14 giugno 2013 La Corte di giustizia europea, con sentenza pronunciata il 13 giugno 2013 relativamente alla causa n. C-345/12 (Commissione europea contro Italia), ha ritenuto che la Repubblica italiana sia venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 7, paragrafi 1 e 2, e 10 della Direttiva 2002/91/CE, nonché 15, paragrafo 1, della medesima, letti in combinato disposto con l’articolo 29 della Direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia, non avendo previsto l'obbligo di consegnare un attestato relativo al rendimento energetico in caso di vendita o di locazione di un immobile ed avendo omesso di notificare alla Commissione europea le misure di recepimento dell'articolo 9 della direttiva 2002/91.

Secondo i giudici europei, in particolare, l'Italia non avrebbe correttamente recepito la Direttiva del 2002 sul rendimento energetico nell'edilizia.

Nel dettaglio – si legge nel testo della decisione – il nostro Paese, avendo introdotto una deroga all'obbligo di consegnare un attestato relativo al rendimento energetico, in caso di locazione di un immobile ancora privo di un attestato siffatto al momento della firma del contratto, non avrebbe recepito correttamente l’articolo 7, paragrafo 1, della Direttiva 2002/91, in quanto una deroga simile non è contemplata in quest’ultimo.

Avendo, inoltre, introdotto un sistema di autodichiarazione da parte del proprietario per gli edifici aventi un rendimento energetico assai basso, l'Italia non avrebbe correttamente recepito l'articolo 7, paragrafi 1 e 2, della medesima Direttiva “dato che queste disposizioni non contemplano una tale deroga agli obblighi di consegnare un attestato energetico e di fornire raccomandazioni al nuovo acquirente o al conduttore”, nonché l'articolo 10 della stessa Direttiva, dove non è prevista una tale deroga all'obbligo di affidare la certificazione energetica degli edifici e l'elaborazione delle raccomandazioni che la corredano ad esperti qualificati o riconosciuti e indipendenti.

Senza contare – conclude la Corte di giustizia - che, alla scadenza del termine impartito nel parere motivato complementare, la Repubblica italiana non aveva adottato i provvedimenti necessari per assicurare il recepimento dell'articolo 9 della Direttiva del 2002 nel suo ordinamento giuridico interno.
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