Costituzione di rendita vitalizia, la testimonianza non è prova

Pubblicato il 30 maggio 2019

La retribuzione percepita nel periodo oggetto di rendita vitalizia non può essere provata né con autocertificazione dell’interessato né mediante testimonianza. Laddove l’interessato non riesca a provare la retribuzione effettiva, si utilizzerà quella convenzionale.

Il chiarimento è stato veicolato dall’INPS, con la circolare n. 78 del 29 maggio 2019, alla luce delle recenti criticità rilevate nella gestione delle pratiche volte a ottenere la copertura dei periodi per i quali il datore di lavoro non ha versato per conto del lavoratore i corrispondenti contributi previdenziali. L’esame delle domande di costituzione di rendita vitalizia, infatti, è caratterizzato da una particolare complessità dovuta ai seguenti tre fattori:

In tale contesto, l’Istituto Previdenziale riconosce la rendita vitalizia solo nei casi di esistenza certa del rapporto di lavoro e di sussistenza dei requisiti prescritti dalla legge.

Cos’è la costituzione di rendita vitalizia?

Nel caso in cui il datore di lavoro non abbia versato i contributi previdenziali all’INPS per conto del datore di lavoro, il lavoratore può chiederne il riscatto, mediante uno strumento chiamato costituzione di rendita vitalizia, i cui tratti essenziali sono disciplinati dall’art.13 della L. n. 1338/1962. In particolare, si tratta di contributi che non possono più essere versati con le normali modalità e che non possono più essere richiesti dall’INPS essendo intervenuta la prescrizione di legge.

La richiesta di riscatto per contribuzione omessa può essere presentata:

I contributi omessi possono essere accreditati solo dopo il pagamento di un onere di riscatto e sono utili per il diritto e per la misura di tutte le pensioni.

Chi può chiedere la costituzione di rendita vitalizia?

Possono richiedere il riscatto:

Costituzione di rendita vitalizia, prova dell’esistenza del rapporto di lavoro

Ai fini della costituzione di rendita vitalizia è necessario che siano presentati documenti di data certa dai quali possa evincersi l’effettiva esistenza del rapporto di lavoro. La documentazione deve essere redatta all’epoca dello svolgimento del rapporto di lavoro o anche in epoca successiva, purché risalente rispetto all’epoca della domanda di rendita vitalizia, tale da far escludere che sussistano elementi che facciano ritenere la documentazione costituita allo specifico scopo di usufruire del beneficio in argomento.

Al fine di verificare che la documentazione sia risalente rispetto alla data della relativa domanda in lavorazione, la Struttura territoriale INPS verifica se la medesima documentazione sia stata già presentata dall’interessato in eventuali precedenti istanze di costituzione di rendita vitalizia, verificando che anche rispetto ad esse la documentazione sia risalente.

Nella prassi si fa spesso ricorso, a titolo esemplificativo, a documenti quali libretti di lavoro, benserviti, libri paga per i quali appare impossibile procedere ad una rigorosa tipizzazione.

Al riguardo, si ricorda che la documentazione deve essere presentata in originale o copia debitamente autenticata da pubblico ufficiale.

Costituzione di rendita vitalizia, gli altri mezzi di prova

L’omissione contributiva lamentata deve essere dimostrata fornendo la prova:

Gli altri aspetti, invece, quali durata, continuità della concreta prestazione lavorativa e qualifica, possono essere provati anche con “altri mezzi di prova”.

Da notare che non è richiesta l’ulteriore prova della continuità della prestazione lavorativa nei casi in cui il documento comprovante l’esistenza del rapporto di lavoro attesti anche la presenza del lavoratore sul luogo di lavoro o la maturazione del diritto alla retribuzione per il periodo richiesto (ad esempio, buste paga, estratti libri presenza, ecc.).

Costituzione di rendita vitalizia, principio del vuoto contributivo assoluto

Quando il documento attesta inequivocabilmente sia la data di inizio sia la data di fine del rapporto di lavoro, e il periodo intercorrente fra tali date è completamente scoperto di contribuzione, in via del tutto eccezionale, per tale lasso temporale, l’INPS presume l’omissione contributiva totale. In tali casi, quindi, non sono richiesti ulteriori elementi di prova circa lo svolgimento della prestazione lavorativa.

Per poter applicare il principio in parola, tuttavia, è necessario che la data di inizio e la data di fine del rapporto di lavoro siano contenute nel medesimo documento. Ad esempio, ciò ricorre quando il libretto di lavoro riporti la data di inizio e la data di fine del rapporto di lavoro ovvero quando una lettera di ben servito indichi sia la data di inizio sia la data di fine del rapporto. Viceversa, tale ipotesi non ricorre se la sola data di inizio del rapporto si evince da un documento e la sola data di fine del rapporto da un altro documento; ossia quando dal contenuto degli stessi non si deduca in modo inequivoco che si tratti di un unico rapporto lavorativo piuttosto che di più rapporti intervallati da periodi di inattività.

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