Creditori all’angolo sui “piani di rientro”

Pubblicato il 12 marzo 2009 Data la particolare situazione di mercato che si sta attraversando, i bilanci delle imprese risentono fortemente dei vincoli sugli importi a rischio, per cui potrebbe risultare di particolare importanza individuare un meccanismo per la corretta rappresentazione delle perdite da iscrivere nelle poste contabili. In particolare, potrebbe essere molto utile l’intervento del legislatore tributario in materia di deducibilità delle perdite su crediti. La norma vuole che i crediti siano iscritti in bilancio fino a quando esistano validi diritti a esigerli dai clienti o dai terzi, ma sia secondo quanto previsto dai principi contabili nazionali che dagli Ias, gli stessi devono essere, a fine esercizio, soggetti a valutazione. La norma che regola nel nostro sistema fiscale la deducibilità della svalutazione dei crediti è quella contenuta nell’articolo 106 del Tuir. All’articolo 101, comma 5, invece, viene assimilato per presunzione alle perdite su crediti quelle verso debitori assoggettati a procedure concorsuali. Sull’argomento è intervenuta anche l’Associazione italiana dei dottori commercialisti – norma di comportamento n. 172 – che enfatizza come l’imprenditore non sia obbligato a svalutare l’intero ammontare del credito se vantato nei confronti di debitori assoggettati a procedura concorsuale. La norma in oggetto, infatti, specifica che la svalutazione dell’ammontare del credito nell’esercizio in cui si apre la procedura concorsuale deve essere fatta non per l’intero ammontare, ma solo per la parte che si stima inesigibile. Di conseguenza, nel caso in cui un creditore nell’esercizio di apertura del fallimento del debitore non abbia azzerato il credito, ma lo abbia solo svalutato in parte, il Fisco non può contestare un vizio di competenza nella deduzione della perdita.
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