Criptovalute bitcoin in RW. Tassate le plusvalenze

Pubblicato il 21 aprile 2018

Con una risposta del 19 aprile 2018 a un interpello, l’agenzia delle Entrate (Dre Lombardia) chiarisce che le criptovalute – tipo bitcoin – possedute nel 2017 vanno riportate nella dichiarazione dei redditi del 2018.

Applicabili i principi generali delle valute tradizionali

Alle valute virtuali si rendono applicabili i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali, nonché le disposizioni in materia di antiriciclaggio, si ritiene, dunque, che anche le valute virtuali devono essere oggetto di comunicazione attraverso il quadro RW, indicando alla colonna 3 (“codice individuazione bene”) il codice 14 – “Altre attività estere di natura finanziaria”.

Il controvalore in euro della valuta virtuale detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento deve essere determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale. Negli anni successivi, il contribuente dovrà indicare il controvalore detenuto alla fine di ciascun anno o alla data di vendita nel caso di valuta virtuale vendute in corso d’anno.

Tassazione plusvalenze

Nell'interpello – n. 956-39/2018 del 22/01/2018 - si chiedeva il trattamento fiscale della plusvalenza derivante dall'utilizzo della criptovaluta bitcoin.

Le valute virtuali, spiega l'Agenzia nella risposta, se detenute al di fuori del regime d’impresa possono generare un reddito diverso da assoggettare a tassazione. La prassi di riferimento è la risoluzione n. 72/E del 2016.

Le plusvalenze realizzate:

Le valute virtuali non sono soggette a IVAFE.

Risposte pregresse Direzione Regionale della Lombardia

Nel caso in cui la giacenza media abbia superato il predetto limite, le pregresse risposte sul punto fornite dalla Direzione Regionale della Lombardia si intendono superate.

Qualora ricorra tale ipotesi il contribuente potrà presentare la dichiarazione integrativa relativa al periodo d’imposta 2016, senza applicazione delle sanzioni.

Parlamento europeo, definizione di “valute virtuali”

Intanto, il Parlamento europeo in seduta plenaria ha approvato la risoluzione legislativa del 19 aprile 2018, di modifica della direttiva (UE) 2015/849 sulla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo - V direttiva antiriciclaggio.

Sono inserite misure relative all’utilizzo delle valute virtuali, con introduzione di due nuove categorie di entità soggette agli obblighi antiriciclaggio.

È data anche la definizione di “valute virtuali”: “rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente».

Emerge incongruità con la risposta all'interpello 956-39/2018

Emerge dalla definizione di valuta virtuale data dalla Ue l'incompatibilità tra criptovaluta e valuta estera. Pertanto sussiste un’incoerenza con la risposta all’interpello in oggetto (956-39/2018), che invece ha assimilato le valute virtuali alle valute estere.

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