Nelle ipotesi in cui, agli effetti del risarcimento dei danni subiti, si debba considerare l'incidenza dell'inabilità temporanea o dell'invalidità permanente su un reddito di lavoro autonomo come quello del professionista, questo reddito va determinato sulla base del reddito netto risultante più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche degli ultimi tre anni.
Va, quindi, attribuito rilievo al reddito da lavoro netto dichiarato dal lavoratore autonomo ai fini dell'applicazione di quest’ultima imposta e ci si riferisce, quindi, non al reddito che residua dopo l'applicazione dell'imposta stessa ma alla base imponibile di cui all'articolo 3 del DPR n. 597/1973, ovvero all'importo che il contribuente è tenuto a dichiarare ai fini dell'imposta sopraindicata.
Inoltre, per reddito dichiarato dal danneggiato, va considerato quello risultante dalla differenza fra il totale dei compensi conseguiti (al lordo delle ritenute d'acconto) ed il totale dei costi inerenti all'esercizio professionale - analiticamente specificati o, se consentito dalla legge, forfettariamente conteggiati - senza possibilità di ulteriore decurtazione dell'importo risultante da tale differenza, per effetto del conteggio delle ritenute d'imposta sofferte dal professionista.
E’ questo il consolidato orientamento giurisprudenziale a cui la Corte di cassazione, Terza sezione civile, ha inteso dare continuità con sentenza n. 11759 del 15 maggio 2018.
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