Debito fiscale richiesto al socio? Necessario atto motivato

Pubblicato il 15 dicembre 2020

L’Agenzia delle Entrate, qualora intenda rivolgersi, nell’esercizio del suo potere impositivo, al liquidatore e socio della società di capitali per ottenere il pagamento del credito vantato nei confronti della società, deve portare a conoscenza del contribuente, con apposito avviso di liquidazione, le ragioni per le quali egli è tenuto a versare l’imposta accertata in capo alla medesima società.

Al socio, quindi, deve essere notificato un apposito provvedimento in cui siano esplicati i motivi per i quali è tenuto a versare le imposte richieste.

Il contribuente, infatti, deve essere posto in condizione di contestare la fondatezza della pretesa impositiva, attraverso l’indicazione degli elementi da cui si evinca che egli, in sede di liquidazione, abbia incassato somme o abbia ricevuto l’attribuzione di beni dalla società ed il valore di questi o che il mancato pagamento sia dipeso da una colpa dei liquidatori.

E questo, anche in presenza di credito fiscale accertato con sentenza passata in giudicato.

E’ questo il principio richiamato dalla Suprema corte nel testo dell’ordinanza n. 28401 del 14 dicembre 2020, con cui ha rigettato il ricorso promosso dall’Amministrazione finanziaria contro l’annullamento di una cartella esattoriale per sanzioni amministrative notificata al socio e liquidatore di una Srl in quanto coobbligato solidale.

Nell’atto impositivo emesso nei confronti del contribuente non vi era cenno delle ragioni per le quali egli era tenuto a versare l’imposta della società estinta.

L’Agenzia, ossia, non aveva fatto valere la responsabilità del liquidatore o del socio ma aveva direttamente dedotto l’obbligazione tributaria accertata nei confronti della società, notificando la cartella al ricorrente in proprio e facendo riferimento ad un atto impositivo emesso nei confronti della Srl.

Ribadito, nella decisione, il principio già affermato in sede di legittimità, secondo cui l’accertamento giudiziale del credito verso la società, anche con forza di giudicato, pur opponibile ai soci e ai liquidatori, non consente al creditore di far valere il titolo esecutivo direttamente nei loro confronti, attesa la necessità di agire in giudizio contro gli uni e, gradatamente, contro gli altri per l’accertamento dei rispettivi presupposti.

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