Detenzione in carcere per chi altera la concorrenza con l'utilizzo del metodo mafioso

Pubblicato il 23 febbraio 2011 La Corte di cassazione, con la sentenza n. 6462 del 21 febbraio 2011, ha annullato la decisione con cui il Tribunale del riesame di Napoli aveva rimesso in libertà due fratelli nei cui confronti era stata disposta la misura cautelare della custodia in carcere in quanto accusati del reato di cui all'articolo 513-bis Codice penale che punisce gli atti di concorrenza svolti con violenza o minaccia nell'ambito di un'attività commerciale, industriale o comunque produttiva.

La loro contestazione si inseriva nell'ambito di una più ampia ordinanza di custodia cautelare che vedeva contestato ad altri indagati il delitto di associazione mafiosa per appartenenza al “clan dei Casalesi”, clan che controllava militarmente la provincia di Caserta e monopolisticamente diverse attività economiche. I due fratelli, risultati i referenti del sodalizio criminale dei Casalesi con Cosa nostra, erano accusati in quanto, in concorso con gli altri indagati, avrebbero imposto ai commercianti che operavano in alcune zone della Campania e della Sicilia una determinata azienda indicata dalla criminalità organizzata.

La Cassazione, in particolare, ha sottolineato che, nel caso in esame, non si poteva dubitare della configurabilità del reato contestato stante l'esistenza di comportamenti caratterizzati da minaccia o violenza idonei a realizzare una concorrenza illecita ed a controllare o condizionare le attività commerciali, industriali o produttive di terzi con forme di intimidazione tipiche della criminalità organizzata. “L'utilizzo del metodo mafioso – che non ha bisogno se non in casi estremi della minaccia aperta e della violenza fisica e che ha determinato l'assoggettamento degli imprenditori alla volontà e alle regole del sodalizio dominante sul territorio – ha leso il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, cioè la libertà di impresa e il libero gioco della concorrenza senza che fosse necessaria la consumazione di alcuna forma di violenza fisica o di minaccia esplicita”.
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