Dichiarazioni del commercialista alla GDF: utilizzabilità in sede penale

Pubblicato il 15 aprile 2021

Confermata, dalla Cassazione, la condanna penale per i reati di frode fiscale e di omessa dichiarazione impartita dai giudici di merito a un imprenditore cui era stato contestato di aver utilizzato fatture per operazioni inesistenti e di non aver presentato dichiarazione a fini IRES ed IVA, con evasione superiore alla soglia di punibilità.

L’imputato - condannato a 5 anni di reclusione, oltre alle pene accessorie di legge e alla confisca dei beni in sua disponibilità, per un ammontare di oltre 2milioni di euro - aveva impugnato la decisione di condanna davanti alla Suprema corte.

Frode fiscale e omessa dichiarazione: confermata condanna a imprenditore

Tra gli altri motivi, il ricorrente aveva lamentato una violazione di legge, sostenendo che la Corte d'Appello avesse errato laddove aveva ritenuto pienamente utilizzabili, ai fini della sua condanna, le dichiarazioni rese in sede amministrativa dai commercialisti, per come confluite nei PVC della Guardia di Finanza.

I giudici di gravame avevano infatti concluso per la piena utilizzabilità delle dichiarazioni dei due professionisti poiché, al momento della loro assunzione, non erano emersi ancora elementi costitutivi dei reati tributari, poi contestati all’imputato.

Per la difesa di quest’ultimo, invece, anche volendo ritenere utilizzabili tali elementi, essi, non suffragate dalla verifica dibattimentale, avrebbero potuto, eventualmente, essere valutati alla stregua di meri indizi, semplici presunzioni legali, pienamente utilizzabili in sede tributaria, ma non sufficienti in sede penale.

Dichiarazioni dei professionisti a GDF, quando sono utilizzabili?

Doglianza, questa, giudicata infondata dalla Corte di cassazione, per come si legge nel testo della sentenza n. 13275 del 9 aprile 2021.

Secondo gli Ermellini, infatti, i giudici di appello avevano fornito, sul punto, una spiegazione ineccepibile in diritto e assolutamente immune dai denunciati vizi.

Nella decisione impugnata era stata richiamata una consolidata giurisprudenza di legittimità che ribadisce, al riguardo, come in materia di attività ispettive di vigilanza di natura amministrativa, il momento a partire dal quale, nel corso di tale attività, sorge l'obbligo di rispettare le garanzie del codice di procedura penale è quello nel quale è possibile attribuire rilevanza penale al fatto, emergendone tutti gli elementi costitutivi, anche se ancora non possa essere ascritto a persona determinata.

Nel caso in esame, i giudici di appello avevano evidenziato come, all'atto dell'assunzione delle dichiarazioni rese dai commercialisti ai verificatori, non erano emersi gli elementi costitutivi dei reati, poi contestati.

Il giudizio di colpevolezza dell’imputato in ordine ai contestati illeciti si fondava, in verità, sull'esito degli accertamenti condotti, che avevano consentito di scoprire la natura fittizia delle operazioni contestate e quella di mere cartiere delle società coinvolte.

Ne conseguiva, in definitiva, la piena utilizzabilità di esse in quanto non erano ancora emersi elementi di reato.

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