Dipendente in malattia. Non licenziabile se collabora nella tabaccheria di famiglia

Pubblicato il 20 dicembre 2017

La Corte di Cassazione, Sezione lavoro, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato ad un dipendente da un’azienda di trasporto urbano, a seguito di contestazione disciplinare, con cui si addebitava al dipendente medesimo (autista di pullman) di aver ripetutamente svolto - durante la sua assenza dal servizio per malattia - attività lavorativa presso la cartoleria-tabaccheria della moglie. Condotta che, a parere dell’azienda datrice, configurava inadempienza ai doveri generali di correttezza e buona fede e che faceva presumere l’inesistenza della malattia attestata, con compimento di artifici per procurarsi indebiti vantaggi.

II Tribunale confermava dapprima la legittimità del licenziamento. Secondo i giudici di primo grado, difatti, la sola circostanza che il dipendente, per effetto del patologia diagnosticata, potesse uscire in base a prescrizione medica, non giustificava affatto che potesse parimenti dedicarsi in modo sistematico ed in precisi orari all’attività commerciale della moglie.

Patologia diagnosticata compatibile con l’attività presso la tabaccheria

Argomentazione invece smentita dalla Corte d’appello e, da ultimo, dalla Corte di Cassazione – con sentenza n. 30417 del 19 dicembre 2017 – secondo cui, la patologia del lavoratore “disturbo di adattamento con sindrome mista”, come certificata dal referto del Centro di salute mentale, non sarebbe in contrasto con lo svolgimento anche discontinuo e limitato nel tempo di attività presso la tabaccheria di proprietà familiare; diversamente ritenendo, viceversa, per quanto riguarda la capacità di lavoro specifica connessa alla sua prestazione lavorativa di conducente di pullman di linea.

E’ così escluso che da ciò si possa ricavare anche solo una qualificata presunzione di simulazione della malattia

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