Cessione del diritto di opzione con aliquota proporzionale

Pubblicato il 27 aprile 2017

La Sezione tributaria civile della Corte di cassazione si è pronunciata per quel che concerne il regime di tassazione, ai fini dell’imposta di registro, dell’atto con il quale i soci di una società per azioni trasferiscono a terzi il diritto di opzione di cui all’articolo 2441 del Codice civile, qualora non risulti che il cessionario abbia esercitato il suddetto diritto di opzione.

I giudici di legittimità hanno in particolare precisato come l’atto di cessione del diritto di opzione, in caso di mancato esercizio dello stesso da parte del cessionario, è sottoposto all’aliquota proporzionale di registro del 3% di cui all’articolo 9 della Tariffa, parte I, allegata al DPR n. 131/1986.

In questo caso, infatti, non può parlarsi, in senso stretto, di negoziazione di partecipazioni societarie e non si applica, quindi, l’aliquota fissa di registro di cui all’articolo 11 della stessa tabella.

Con la statuizione in oggetto, la Suprema corte – sentenza n. 10240 del 26 aprile 2017 – ha accolto le doglianze avanzate dall’Agenzia delle entrate contro la decisione pronunciata dalla Ctr nell’ambito di una situazione come quella illustrata in cui i soci di una Spa avevano trasferito a terzi, con scrittura privata, il diritto di opzione di cui all’articolo 2441 del Codice civile.

Censurata, in particolare, l’affermazione resa dai giudici di merito secondo cui, poiché l’operazione di cessione dei diritti di opzione era finalizzata a consentire ai cessionari il diritto di accedere all’acquisto di nuove azioni emesse dalla società per aumentare il capitale, si versava in un’ipotesi di negoziazione di quote di partecipazione, rientrante fra quelle previste dall’articolo 11 della Tariffa.

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