Disciplina fiscale del Trust. Ulteriori chiarimenti dall'Amministrazione finanziaria

Pubblicato il 28 dicembre 2010 La Finanziaria 2007 ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento tributario nazionale alcune disposizioni in materia di trust, includendo tale istituto tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES). Al trust è stata, così, estesa un’autonoma soggettività tributaria, tipica delle società, degli enti commerciali e non commerciali.

Nello specifico, ai fini della tassazione, vengono individuate due principali tipologie di trust:
 
- trust trasparenti con beneficiari di reddito individuati, i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai beneficiari;
- trust opachi senza beneficiari di reddito individuati, i cui redditi vengono direttamente attribuiti al trust medesimo.

Si verificano, però, dei casi pratici in cui un trust può essere allo stesso tempo trasparente e opaco, per cui può risultare complicato calcolare la quota di reddito che andrà tassata un capo al disponente e quella che, invece, resta a carico del trustee.

Diverso è il caso naturale del trust trasparente, per il quale l’articolo 73 del Tuir prevede: “Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazioni individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero in mancanza in parti uguali”. Per beneficiario individuato si deve intendere un soggetto che esprima, rispetto a quel reddito, una capacità contributiva attuale. Cioè, il beneficiario deve risultare titolare del diritto e deve pretendere dal trustee il pagamento di quella parte di reddito che gli viene imputata. Inoltre, i redditi imputati ai beneficiari sono qualificati, ai sensi dell’articolo 44 del TUIR, redditi di capitale.

L’individuazione dei soggetti beneficiari e l’applicazione delle regole di tassazione dei redditi sono stati spesso oggetto di analisi, date le difficoltà pratiche che l’applicazione della normativa in materia generalmente comporta.

Ultimo chiarimento, in ordine di tempo, è arrivato con la circolare n. 61/E, ove sono riportate numerose casistiche in cui si realizza il reale spossessamento del trust, cosa che rende difficile far considerare valido il trust dal punto di vista fiscale.

Nello specifico, nel documento di prassi si analizza il caso in cui il trust non è indipendente rispetto al disponente e ciò porta all’individuazione di una invadenza del disponente nella gestione del trust stesso. In tal caso, secondo l’Agenzia, il trust non si dovrebbe considerare come un patrimonio separato, ma come una struttura finalizzata a realizzare un’intestazione fittizia di beni senza che esso divenga l’effettivo proprietario. Da ciò, la conclusione che il trust deve considerarsi inesistente dal punto di vista dell’imposizione dei redditi da esso prodotti e gli stessi redditi saranno assoggettati a tassazione in capo al disponente secondo i principi generali previsti per ciascuna della categorie reddituali di appartenenza.

Altra precisazione contenuta nella circolare n. 61/E/2010 riguarda la residenza del trust. Nel documento si legge che il reddito imputato dal trust a beneficiari residenti è imponibile in Italia in capo a questi ultimi quale reddito di capitale, a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia e che il reddito sia stato prodotto o meno nel territorio dello Stato. Scopo della precisazione è quello di assicurare che il trust estero venga assoggettato a tassazione analogamente ai trust italiani e, in particolare, ai trust opachi con riferimento all’eventuale reddito prodotto in Italia ed imputabile al trust medesimo nonché ai trust trasparenti con riferimento alla quota di reddito imputabile al beneficiario italiano.
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