Domanda ed eccezione riconvenzionale Discrimine

Pubblicato il 26 ottobre 2016

La Terza sezione civile della Corte di cassazione è recentemente intervenuta a precisare alcuni interessanti principi in ordine al discrimine esistente tra domanda riconvenzionale ed eccezione.

Rilievo al risultato processuale 

Per la Corte, la distinzione tra le due figure dipende dall’oggetto della difesa del convenuto, il risultato processuale, ossia, che quest’ultima parte intende con essa ottenere, limitato, o meno, al rigetto della domanda proposta dall’attore.

Non rileva, quindi, il titolo posto a base della difesa del convenuto, cioè il fatto o il rapporto giuridico invocato a suo fondamento.

Come ricordato da consolidato orientamento giurisprudenziale, infatti, ciò che distingue l’eccezione riconvenzionale, la cui prima formulazione è ammissibile in appello, dalla domanda riconvenzionale, esperibile soltanto in primo grado, è costituito dalle conseguenze giuridiche che il deducente intende trarre dal nuovo fatto allegato e, ossia, dal provvedimento che egli chiede all’organo giudicante.

Così, si ha eccezione riconvenzionale laddove l’istanza resti contenuta nell’ambito dell’attività strettamente difensiva e, pure eventualmente ampliando la sfera dei poteri cognitori, lasci immutati i limiti di quelli decisori del giudice, quali determinati dalla domanda attorea.

Per contro, si tratta di domanda riconvenzionale qualora il convenuto chieda un provvedimento positivo, autonomamente attributivo di una determinata utilità, che vada oltre al mero rigetto della domanda avversaria, ampliando, così, la sfera dei poteri decisori del giudice.

Domanda inammissibile valutabile come eccezione

Partendo da queste premesse la Corte di legittimità - sentenza n. 21472 del 25 ottobre 2016 - ha, altresì, precisato come conseguentemente, non sussistono limiti per il convenuto al possibile ampliamento del tema della controversia a mezzo di eccezioni.

Questo, sempre che vengano allegati a loro fondamento fatti o rapporti giuridici prospettati come idonei a determinare l’estinzione o la modificazione dei diritti fatti valere dall’attore, sulla cui base si chieda il rigetto delle domande di quest’ultimo e non una pronuncia di accoglimento di ulteriori e diverse domande.

Inoltre, nell’ipotesi in cui, per motivi processuali, risulti inammissibile la domanda riconvenzionale con cui il convenuto invochi un rapporto contrattuale diverso da quello posto dall’attore a fondamento delle sue pretese, ritenendo che da esso deriverebbe la nullità o la totale o parziale inefficacia di quest’ultimo o comunque l’effetto estintivo, impeditivo o modificativo dei diritti fatti valere, chiedendone l’accertamento anche con l’eventuale e consequenziale condanna dell’attore al pagamento di quanto dovuto sulla base di questa prospettazione, “ciò nonostante la medesima difesa può e deve essere presa in considerazione come eccezione, con il solo e più limitato possibile esito del rigetto delle domande di parte attrice”.

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