E’ ammesso cedere il credito ipotecario dopo il provvedimento di sequestro

Pubblicato il 04 luglio 2018

Non si ravvisa la mala fede del terzo cessionario nella cessione di un credito ipotecario precedente effettuata dopo la trascrizione del provvedimento di sequestro o di confisca di prevenzione. Non è preclusa, quindi, l'ammissibilità della ragione creditoria.

E’ quanto affermato dalla sentenza n. 29847 del 3 luglio 2018 pronunciata dalle Sezioni unite penali della Corte di cassazione.

Le SS.UU. sono state chiamate a fornire chiarezza sulla questione se la cessione del credito ipotecario precedentemente insorto, avvenuta dopo la trascrizione del provvedimento di sequestro o di confisca di prevenzione, possa indicare lo stato di mala fede in capo al nuovo titolare, e quindi precludere l’ammissibilità della sua ragione creditoria.

In giurisprudenza, sul punto, sono stati rilevati due orientamenti divergenti: per il primo, il terzo cessionario di un credito garantito da ipoteca su beni sottoposti a sequestro o di confisca di prevenzione possiede la stessa tutela del creditore originario purchè vi sia anteriorità della cessione rispetto al sequestro, a verifica della buona fede del cessionario; per l’altro, la buona fede del cessionario non è preclusa dal fatto che la cessione sia avvenuta dopo il provvedimento di sequestro.

L’assenza di anteriorità della cessione non indica mala fede

Le Sezioni Unite sposano il secondo orientamento ritenendo che la condizione dell’anteriorità rispetto al sequestro del bene, ai fini dell’ammissione al riparto del credito assistito da garanzia sul bene confiscato, è richiesta per la costituzione del credito e non per la successiva (eventuale) cessione.

E’ stato, pertanto, formulato il seguente principio di diritto: “nel caso in cui la cessione di un credito ipotecario precedentemente insorto avvenga successivamente alla trascrizione del provvedimento di sequestro o di confisca di prevenzione del bene sottoposto a garanzia, tale circostanza non è in quanto tale preclusiva dell’ammissibilità della ragione creditoria, né determina di per sé uno stato di mala fede in capo al terzo cessionario del credito, potendo quest’ultimo dimostrare la buona fede”.

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