E' reato “forzare” la password

Pubblicato il 13 ottobre 2008
La Cassazione, V sezione penale, con sentenza n. 37322 del 1° ottobre 2008, ha ribaltato la decisione di appello con cui era stato esclusa la contestabilità del reato di accesso abusivo (615ter c.p.) nei confronti di due ragionieri che, ancora soci di uno studio associato insieme ad altro professionista, si erano introdotti nel sistema informatico dello studio per copiare i dati dei clienti che avrebbero utilizzato, poi, nell'ambito di una nuova attività. Per i giudici di secondo grado tale tipo di reato, introdotto nell'ambito delle misure di contrasto alla criminalità informatica, non poteva essere ravvisato visto che il sistema informatico non risultava protetto da misure di sicurezza salvo una semplice password, e che, comunque, i due ragionieri, in qualità di soci, erano legittimati all'accesso dei dati. Di diverso avviso la Corte di legittimità, secondo cui la norma del codice penale è posta a tutela di diversi beni ed interessi, non ultimo il diritto alla riservatezza e la tutela del domicilio informatico. Inoltre il reato, oltre all'accesso, sanziona anche la permanenza all'interno di un sistema, sistema che si deve ritenere protetto anche solo per la presenza di una password. Nel caso esaminato, continua la Corte, era, inoltre, evidente che la copiatura avesse il fine di avvantaggiare i due soci a danno del terzo professionista.
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