Ente estinto può conferire mandato per difendersi

Pubblicato il 03 novembre 2017

Gli amministratori hanno il potere - dovere di compiere, dopo l’avvenuto scioglimento dell’Ente, gli atti negoziali necessari al fine di preservare l’integrità patrimoniale dell’Ente medesimo. Non rientra, pertanto, nel divieto di “nuove operazioni” di cui all’art. 29 codice civile, il conferimento di un mandato alle liti per la proposizione di un’azione giudiziale volta ad incrementare o ripristinare la consistenza dell’Ente.

Sulla scorta di detto ragionamento, la Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha accolto il ricorso di un avvocato, avverso la decisione di merito che aveva sancito l’esclusione dallo stato passivo di un istituto in liquidazione, dei suoi due crediti professionali per la difesa in giudizio dell’Ente medesimo (in particolare, dinnanzi al Tar, nel giudizio per ottenere l’annullamento del decreto prefettizio di “estinzione”). Ebbene, secondo il Tribunale, l’incarico professionale a difendere l’Ente, essendo stato conferito dal legale rappresentante in epoca successiva al decreto di declaratoria dell’estinzione, non sarebbe stato valido, in quanto contrario al divieto imposto, per le persone giuridiche, dall’art. 29 codice civile di compiere “nuove operazioni”.

Divieto di “nuove operazioni”: non comprende la mera gestione e conservazione del patrimonio

Non così per la Corte di Cassazione, secondo cui – con sentenza n. 26066 del 2 novembre 2017 – la funzione dell'indicato divieto di compiere nuove operazioni si pone in coerenza con una definitiva destinazione dell’Ente alla sua liquidazione; sicché nell’ambito dello stesso, non rientrano le attività volte alla mera gestione e conservazione del relativo patrimonio. A maggior ragione, non può ricadere nel divieto, l’attività che mette in discussione sotto il profilo giuridico – come nella specie – la sussistenza dei presupposti che possano legittimare la stessa “soppressione” della persona giuridica.

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