Enti bilaterali, i versamenti collettivi non costituiscono reddito

Pubblicato il 25 settembre 2020

Affinché i contributi assistenziali versati dal datore di lavoro agli enti bilaterali risultino imponibili nei confronti dei lavoratori è necessario che questi siano riferibili alla posizione di ogni singolo dipendente ovvero sia possibile rinvenire un collegamento diretto tra il versamento contributivo effettuato dal datore di lavoro e la posizione di ogni singolo dipendente.

L'Agenzia delle Entrate, nella risoluzione 25 settembre 2020, n. 54, in deroga al generale principio di concorrenza alla formazione del reddito da lavoro dipendente dei contributi aventi finalità assistenziale non obbligatori per legge, afferma che ove il pagamento dei contributi, all'ente o alla cassa, del datore di lavoro, risponda ad un suo interesse esclusivo, il quantum non genererà materia di imponibile per i lavoratori.

Nel caso de quo, il versamento trimestrale della contribuzione all'Ente, esclusivamente a carico del datore di lavoro, si determina convenzionalmente moltiplicando il contributo di euro 21 per la forza media del trimestre di competenza. Per tale ragione, il contributo cumulativo ed indifferenziato versato esclude un collegamento diretto tra il contributo del datore di lavoro e ciascun singolo lavoratore, potendo, dunque, escludere che i predetti contributi possano formare reddito ai sensi dell'art. 51, comma 1, TUIR.

Relativamente al trattamento fiscale delle prestazioni erogate da un ente bilaterale l'Amministrazione finanziaria conferma l'assoggettamento a tassazione sempreché le stesse siano inquadrabili in una delle categorie reddituali previste dall'art. 6 del TUIR, ivi comprese quelle che costituiscono erogazioni corrisposte in sostituzione di detti redditi.

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