Equitalia. Per i vizi formali delle cartelle opposizione lunga

Pubblicato il 20 ottobre 2011 La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21598 del 19 ottobre 2011, respinge il ricorso di un cittadino che aveva presentato opposizione ordinaria contro alcune cartelle di pagamento notificate da Equitalia e non riportanti l’indicazione del responsabile del procedimento.

Il contribuente si era già rivolto al giudice di pace, che a sua volta aveva respinto l’opposizione dato che il cittadino “non ha censurato la mancata notificazione dei verbali di accertamento sulla base dei quali erano state emesse le cartelle esattoriali, ma l'omessa notificazione delle cartelle medesime”; mentre per il giudice “l'opponente avrebbe dovuto proporre opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c”».

Come detto, stessa sorte è stata riservata dalla Suprema Corte che, con la pronuncia in oggetto, ha specificato chiaramente che “avverso la cartella esattoriale emessa per la riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie è ammissibile l'opposizione ai sensi della legge n. 689 del 1981 soltanto ove la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogatale, in quanto sia mancata la notificazione dell'ordinanza ingiunzione o del processo verbale di contestazione: in tal caso l'opposizione consente all'interessato di recuperare il mezzo di tutela previsto dalla legge riguardo agli atti sanzionatori. Qualora invece la cartella esattoriale sia stata notificata per attivare il procedimento esecutivo di riscossione della sanzione, la cui debenza è stata già definitivamente accertata, il destinatario che voglia contestare l'esistenza del titolo esecutivo può esperire l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 ovvero, se intenda dedurre vizi formali della cartella, l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., secondo le forme ordinarie”.

Per gli ermellini si tratta di un principio generale secondo cui l'identificazione del mezzo di impugnazione deve essere fatta sulla base del principio “dell'apparenza e cioè con riferimento esclusivo alla qualificazione dell'azione effettuata dal giudice a quo, sia essa corretta o meno e a prescindere dalla qualificazione che ne abbiano dato le parti”.
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