Esame avvocato: i giudizi sui compiti scritti vanno motivati

Pubblicato il 16 febbraio 2011 Con sentenza n. 310 del 12 febbraio 2011, il Tar Puglia, sede di Lecce, ha accolto il ricorso di un candidato che aveva partecipato alla sessione 2008/2009 dell'esame di avvocato, presso la Corte di Appello di Lecce. Il ricorrente, che aveva sostenuto le prove scritte ma non era stato ammesso a quella orale, lamentava l'illegittimità delle valutazioni, meramente numeriche, espresse nei suoi riguardi dalla commissione esaminatrice. Per tale ragione, chiedeva che fosse annullato il provvedimento che aveva determinato la sua inidoneità all'accesso alla prova scritta ed il conseguente elenco dei candidati ammessi.

I giudici amministrativi, in particolare, hanno ribadito, l'obbligo di motivare i giudizi formulati con riferimento agli elaborati dei candidati all’esercizio della professione di avvocato ai sensi dell’articolo 3 della legge 241/90, sottolineando la necessità che vengano rese note le ragioni della valutazione sul versante lessicale e non solo numerico.

Il principio dell'obbligo di motivare espressamente il provvedimento amministrativo - si legge nel testo della decisione - “acquista un particolare significato in questa materia, nel cui ambito si è più volte affermata la possibilità di sovvertire la valutazione complessivamente espressa dalla commissione di esame attraverso la produzione di pareri pro-veritate”. I detti pareri “vanno ricondotti, sotto il profilo squisitamente processuale, a principi di prova meritevoli di apprezzamento da parte del giudice che può senz’altro utilizzarli per far emergere l’eventuale errore valutativo in cui sia incorsa la commissione di esame”. Nella specie, il candidato aveva prodotto dei cosiddetti pareri pro-veritate ai propri elaborati, pareri redatti da giuristi esperti nelle materie oggetto di prova scritta e dai quali era desumibile un errore di valutazione della Commissione.
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