Con la risposta n. 120/2025 l’Agenzia delle Entrate analizza, a seguito di interpello, la disciplina fiscale relativa all’estinzione per confusione dei crediti erariali in caso di confisca definitiva di beni, aziende e società ai sensi dell’art. 50, comma 2 del D.lgs. n. 159/2011 (Codice Antimafia).
La risposta sorge dalla situazione riguardante una società il cui intero patrimonio è stato oggetto di sequestro nel mese di gennaio 2008, in base alle disposizioni della Legge n. 575 del 1965 (nota come legge antimafia), e successivamente sottoposto a confisca definitiva.
In tale contesto, la società ha presentato all’Agenzia delle Entrate una richiesta di chiarimenti strutturata in cinque distinti quesiti, che possono essere così sintetizzati:
Per fornire risposta ai quesiti posti, l’Agenzia delle Entrate – nell’interpello n. 120 del 29 aprile 2025 - ha preliminarmente chiarito che, nel caso in esame, non trovano applicazione le norme contenute nel Libro I del D.lgs. n. 159/2011 (Codice Antimafia), in quanto si tratta di un procedimento avviato prima dell’entrata in vigore del suddetto decreto.
In particolare, non è applicabile l’art. 54, comma 3-bis, che stabilisce specifiche disposizioni riguardanti il trattamento fiscale durante le fasi di sequestro e confisca.
Tuttavia, l’Agenzia ha rilevato una continuità sostanziale tra il vecchio e il nuovo impianto normativo relativamente al tema dell’estinzione per confusione dei debiti fiscali in caso di confisca di aziende, beni o partecipazioni societarie. Di conseguenza, si è richiamata alle indicazioni contenute nella risoluzione n. 70/E del 2020, la quale, a sua volta, si fonda sulla precedente risoluzione n. 114/E del 2017.
Inoltre, la normativa e la prassi chiariscono che questo meccanismo si applica esclusivamente ai crediti di natura erariale (come quelli relativi a IRES o IRPEF), escludendo tutti gli altri tipi di obbligazioni, come i contributi previdenziali, le imposte locali o i diritti camerali. Su questo punto si è espressa anche la Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 754 del 2019, ha confermato che la confusione opera solo nei confronti dei debiti erariali, lasciando fuori quelli riferiti ad altri ambiti fiscali o contributivi.
A seguito della confisca definitiva dei beni aziendali, si verifica una riunificazione delle figure del creditore e del debitore in un unico soggetto, cioè lo Stato, in base a quanto stabilito dall’art. 1253 del Codice Civile. In tale circostanza, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che tutti i debiti di natura erariale, sorti prima e dopo il sequestro, si estinguono per effetto della confusione, con alcune precisazioni.
Nel contesto di questa risposta, per tributi erariali si intendono in particolare:
Viceversa, restano esclusi dal meccanismo dell’estinzione per confusione – sia per il periodo precedente sia per quello successivo al sequestro – i seguenti tributi:
Per questi ultimi, gli obblighi di versamento e dichiarazione continuano a sussistere anche dopo la confisca definitiva.
In merito al credito d’imposta maturato ai sensi dell’art. 1, comma 1056, della legge n. 178 del 2020, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che, per la quota non ancora impiegata, anche questo credito si considera annullato per effetto della confusione, poiché è venuto meno il rapporto tra due soggetti distinti.
Infatti, con l’acquisizione del patrimonio aziendale da parte dello Stato, quest’ultimo assume congiuntamente il ruolo di creditore e debitore, configurando quindi una situazione in cui l’obbligazione si estingue ai sensi dell’articolo 1253 del Codice Civile.
Le sopravvenienze attive che dovessero emergere in seguito ad adeguamenti contabili effettuati per effetto dell’estinzione per confusione di debiti fiscali verso l’erario - già registrati nei conti aziendali ma non ancora saldati e ormai non più esigibili - non rilevano ai fini IRAP.
Infatti, a differenza dell’IRES, l’IRAP continua a essere dovuta anche dopo la confisca definitiva, ma queste componenti non concorrono alla determinazione del valore della produzione netta imponibile, secondo quanto stabilito dall’art. 5 del D.lgs. n. 446/1997, né sono collegate a voci che abbiano rilievo ai fini di tale imposta.
A seguito della confisca definitiva del capitale sociale e dell’intero assetto aziendale, ora interamente in possesso dello Stato, torna applicabile alla società interessata il regime della “scissione dei pagamenti”, come previsto dall’art. 17-ter del DPR 26 ottobre 1972, n. 633.
La situazione in esame rientra infatti tra quelle di controllo societario descritte dal comma 1-bis dello stesso articolo, che alla lettera b) include le società controllate, in forma diretta o indiretta, dalle amministrazioni pubbliche, come definite dall’art. 2359, comma 1, n. 1, del Codice Civile.
Tale applicazione è subordinata alla presenza della società in un apposito elenco redatto e aggiornato dal Dipartimento delle finanze, secondo quanto previsto dall’art. 5-ter del Decreto ministeriale del 23 gennaio 2015.
Dal momento che l’IMU (Imposta Municipale Unica) non rientra tra i tributi di competenza statale amministrati dall’Agenzia delle Entrate, la questione sollevata non può essere esaminata nell’ambito dell’istituto dell’interpello.
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