Reato di evasione fiscale. Le SU sul risarcimento del danno subito dalla PA

Pubblicato il 13 ottobre 2022

E' possibile, per l'erario, chiedere la condanna al risarcimento del danno subito dalla Pubblica amministrazione nelle ipotesi di evasione fiscale costituente reato? A quali condizioni? E' possibile domandare il risarcimento del danno all'immagine subito dal Fisco?

Sono questi alcuni dei quesiti a cui hanno dato risposta le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, nel testo della sentenza n. 29862 del 12 ottobre 2022.

Evasore tenuto a risarcire i danni subiti dal Fisco

Nella decisione, gli Ermellini hanno in primo luogo precisato che, ai fini dell'accoglimento della domanda di condanna generica al risarcimento del danno, è sufficiente che l'attore dimostri la colpa e il nesso causale; in tale contesto, basta che l'esistenza del danno appaia anche solo probabile. Non è invece necessario, ai fini dell'ammissibilità della domanda, che l'attore indichi le prove di cui intende avvalersi per dimostrare il quantum debeatur.

Per quel che riguarda il danno all'immagine della Pubblica amministrazione, gli Ermellini hanno puntualizzato che esso può essere arrecato tanto da un pubblico funzionario, quanto da persona estranea all'amministrazione stessa, ed è risarcibile in entrambi i casi.

Reati tributari: il danno non coincide con l'imposta evasa

Come ulteriori puntualizzazioni, le Sezioni Unite hanno evidenziato che nei rapporti tra l'erario e il contribuente che abbia commesso un reato tributario, il capitale dovuto da quest'ultimo a titolo d'imposta costituisce l'oggetto dell'obbligazione tributaria, non un danno che a quella vada ad aggiungersi ai sensi dell'art. 1218 c.c.

Dunque, in tutti i casi in cui l'amministrazione non abbia perduto il diritto di agire esclusivamente nei confronti del debitore, e questi abbia un patrimonio capiente, il danno causato dal reato non può ravvisarsi nell'importo del tributo evaso.

E ancora. Nel rapporto tra contribuente ed erario, il danno patrimoniale da evasione penalmente rilevante di cui l'amministrazione finanziaria può chiedere il risarcimento è necessariamente diverso dall'imposta evasa, dalle sanzioni e dagli interessi moratori e potrà consistere solo negli eventuali ulteriori o diversi pregiudizi sopportati dalla PA.

Tali pregiudizi rientrano nella previsione di cui all'art. 1224, secondo comma c.c., non sono in re ipsa e vanno allegati in modo preciso.

In ogni caso, il danno da evasione penalmente rilevante, ovviamente, resta soggetto alle regole di cui agli artt. 2059 c.c. e 185 c.p.

Deve poi escludersi che, nel caso di reati tributari, l'erario possa scegliere tra la riscossione coattiva del tributo e l'azione aquiliana.

Nei confronti del contribuente, l'alternativa tra riscossione coattiva e azione di danno è esclusa dalla circostanza che il danno in senso tecnico causato dall'evasore non coincide con l'imposta evasa, di tal ché, in caso di evasione fiscale, non può esservi alcuna scelta da parte dell'erario, perché l'azione aquiliana è inutilizzabile per ottenere l'esatta esecuzione della prestazione dovuta.

Se poi l'erario abbia diritto di agire ai sensi dell'art. 1224 c.c. per pretendere il ristoro del maggior danno, non vi è alcuna facoltà di scelta, dato che le forme speciali di riscossione coattiva non consentono di esigere il ristoro del maggior danno: la scelta dell'azione ordinaria di danno non avrebbe alternativa.

Per quel che riguarda, a seguire, la ripartizione dell'onere della prova nei giudizi tra erario, evasore e terzo correo o corresponsabile dell'evasione, è stato precisato che:

Questi i principi di diritto espressamente enunciati dalle SS. UU:

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