Fallimento, le note di variazione Iva devono attendere l’esito della procedura

Pubblicato il 03 agosto 2019

Con risposta n. 328/2019, l’Amministrazione finanziaria fa chiarezza sulla corretta emissione della nota di variazione Iva in seguito all’apertura di procedura fallimentare.

L’istante chiedeva di sapere se, a seguito della conclusione infruttuosa di una procedura esecutiva individuale, seguita dalla successiva dichiarazione di fallimento del debitore, la nota di variazione potesse essere emessa sul presupposto dell'infruttuosità della procedura individuale, oppure fosse necessario attendere la conclusione della procedura concorsuale.

Dopo aver richiamato velocemente il quadro normativo e di prassi attinente all’argomento, l’Agenzia ritiene che “la chiusura della procedura esecutiva individuale consente, in linea generale, l’emissione di una nota di variazione ex articolo 26, comma 2, del decreto IVA per la parte del credito rimasta insoddisfatta. Tale previsione deve tuttavia coordinarsi con l’eventuale fallimento del creditore esecutato”.

Secondo l'Agenzia, dunque, non sussiste alcun dubbio qualora il fallimento avvenga in un momento non solo successivo alla chiusura della procedura esecutiva individuale, ma anche all'emissione delle note di variazione in diminuzione, che in tal caso risultano operate correttamente in ragione dell'infruttuosità della procedura individuale esperita

Alla stessa conclusione, invece, non si può pervenire nel caso in cui l’apertura del fallimento e l’insinuazione al passivo, come nel caso oggetto di interpello, siano avvenute prima dell’emissione delle note di variazione.

In tale ipotesi, infatti, l’instaurarsi della procedura concorsuale che coinvolge l’intero patrimonio del cessionario debitore impone, al fine di valutare la sua fruttuosità, di attenderne l’esito del fallimento, essendo ipoteticamente possibile che la procedura collettiva risulti in tutto o in parte fruttuosa anche per il creditore rimasto insoddisfatto in sede di procedura individuale.

Alla luce di tutto ciò, l’Agenzia conclude la sua risposta n. 328/2019 asserendo che: “non può condividersi la soluzione interpretativa prospettata dall’istante che, insinuatosi nel passivo fallimentare prima di effettuare la variazione di cui all’articolo 26 del decreto IVA, a quest’ultima non aveva diritto, dovendo, in conseguenza, porre in essere tutti i necessari comportamenti per correggere l’errore compiuto”.

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