False comunicazioni sociali: natura e prescrizione del reato

Pubblicato il 19 agosto 2025

Con sentenza n. 27859 del 29 luglio 2025, la Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, ha offerto chiarimenti in merito alla natura giuridica del reato di false comunicazioni sociali di cui all’art. 2621 cod. civ. e alla possibilità di configurarlo come reato istantaneo o continuato, questione centrale anche ai fini del computo della prescrizione.

False comunicazioni sociali: il caso esaminato dalla Corte di Cassazione  

Il fatto contestato all’imputato  

La vicenda esaminata ha avuto origine dalla condanna di un amministratore di una società a responsabilità limitata per aver indicato nei bilanci degli anni 2015, 2016 e 2017 un capitale sociale versato superiore a quello effettivo, con l’aggiunta di un occultamento di crediti verso soci per circa 36.901,90 euro, attraverso l’iscrizione fittizia di sopravvenienze passive.

Secondo l’accusa, la finalità era quella di indurre in errore i soci e i terzi al fine di consentire un aumento di capitale sociale, facendo apparire integrato il requisito dell’avvenuto versamento del capitale già sottoscritto.

Le decisioni di merito  

Il Tribunale aveva riconosciuto la responsabilità penale dell'imputato per il reato di false comunicazioni sociali continuate. La Corte d'appello aveva confermato la decisione.

Avverso tale pronuncia, la difesa dell'amministratore aveva proposto ricorso per cassazione, articolando, tra gli altri, un motivo volto a far valere la natura istantanea del reato, con conseguente intervenuta prescrizione per i fatti anteriori al 2017.

La decisione della Suprema Corte

La Corte di legittimità ha rigettato il motivo, affermando che, in caso di bilanci contenenti falsità reiterate in più esercizi, ciascun atto rappresenta un’autonoma manifestazione del reato. Ogni bilancio d’esercizio costituisce infatti una rappresentazione distinta e attuale della situazione patrimoniale e finanziaria della società, riferita a un determinato esercizio.

Le ragioni alla base della pronuncia

Nella propria disamina, in particolare, la Cassazione ha evidenziato che nei casi in cui la falsità abbia ad oggetto dati contabili la cui indicazione nel bilancio è prescritta dalla legge - come appunto nel caso dell’omessa menzione nel bilancio della circostanza che il capitale sottoscritto non è stato ancora integralmente versato - essa è suscettibile di integrare singoli reati istantanei di falso in bilancio, ciascuno dei quali relativo all’anno dell’esercizio sociale cui il bilancio si riferisce.

Va tenuto conto, infatti, che lo stato patrimoniale, di cui è composto il bilancio ai sensi dell’art. 2423, primo comma, cod. civ., è chiamato a fornire una “fotografia” del capitale dell’azienda, rappresentandone, sì, la situazione istantanea alla data di bilancio, ma evidenziandone anche, da un lato, la provenienza e, dall’altro, la destinazione.

E poiché lo stato patrimoniale rappresenta la fotografia della consistenza del capitale aziendale ad una certa data, qualora la falsa indicazione venga ripetuta anche nei bilanci successivi, vi sarà una pluralità di reati di false comunicazioni sociali.

Difatti, ciascun bilancio, rappresentando lo stato patrimoniale ad una data differente, vale ad integrare una condotta diversa ed autonoma rispetto ai bilanci, pure caratterizzati da falsità, che lo hanno preceduto.

Del resto, è attraverso il bilancio che i soci ed i terzi in genere possono verificare il grado di solidità patrimoniale di un’impresa, la sua situazione finanziaria, la sua redditività, il suo andamento e le sue prospettive future.

Questi parametri variano da un esercizio sociale all’altro e, quindi, è ben diverso fornire la rappresentazione patrimoniale della società alla fine di un esercizio sociale piuttosto che alla fine dell’esercizio successivo.

Laddove, quindi, le falsità relative ai vari bilanci costituiscano attuazione del medesimo disegno criminoso sarà possibile applicare la disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 81, secondo comma, cod. pen.

I principi applicati al caso in esame

Ebbene nel caso esaminato, ricorrevano più bilanci affetti da falsità, ciascuno dei quali relativo ad un diverso esercizio sociale e, sulla base di quanto sopra esposto, ciascuno idoneo ad integrare un’autonoma condotta di false comunicazioni sociali.

Ne conseguiva che, ai fini della prescrizione, ciascuna delle condotte oggetto di contestazione andava considerata autonomamente.

La Corte ha giudicato altresì inappliabile, ratione temporis, il primo comma dell’art. 158 cod. pen., nel testo attualmente in vigore, secondo il quale, nell’ipotesi di reato continuato, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la continuazione.

Le conclusioni della Cassazione  

In conclusione, la Cassazione ha rigettato il primo motivo di ricorso, confermando che i reati contestati all’imputato sono reati istantanei distinti, ciascuno riferito ad un singolo bilancio annuale.

Ha invece accolto il terzo motivo riguardante la motivazione apparente della sentenza d’appello, e ha annullato con rinvio la decisione alla Corte d'appello, affinché effettui un nuovo giudizio che consideri anche la verifica della prescrizione sulla base della data effettiva di deposito dei bilanci.

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