Fatture false, “pena” doppia

Pubblicato il 09 giugno 2008 La Cassazione, con la sentenza n. 12905 del 2008, ha stabilito che il Fisco in sede di accertamento non è tenuto ad abbattere il reddito per la parte di ricavi corrispondenti alle fatture emesse dal soggetto accertato per operazioni inesistenti, ma si può limitare a riprendere a tassazione i soli costi ritenuti fittizi e relativi alle false fatture. Il caso parte dal ricorso di una contribuente che ha eccepito l’illegittimità dell’accertamento tributario adducendo tra le motivazioni proprio il fatto che era stata operata la sola tassazione dei costi fittizi e non anche la riduzione dell’imponibile relativamente alle fatture false dalla stessa emesse. La Corte, nella sentenza in oggetto, respinge il ricorso prendendo a riferimento sia l’articolo 21, comma 7, del decreto Iva, che sancisce il pagamento dell’imposta anche in presenza di fatture fittizie, che il cosiddetto principio della “tipicità degli atti di accertamento”, secondo cui il Fisco non è tenuto ad individuare elementi di riduzione dell’imponibile ai fini dell’accertamento tributario.
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