Frasi offensive sulle scelte sessuali dei colleghi: licenziato

Pubblicato il 16 marzo 2023

Rischia il licenziamento per giusta causa il dipendente che rivolge frasi sconvenenti ed offensive, davanti agli utenti, nei confronti di una collega, deridendone l'orientamento sessuale.

E' stata cassata, dalla Suprema corte, la decisione con cui i giudici di appello si erano pronunciati rispetto alla vicenda di un lavoratore che era stato licenziato per giusta causa dalla datrice di lavoro, un'azienda di trasporti.

Allo stesso era stato contestato di aver pronunciato alcune frasi con intento irrisorio nei confronti delle preferenze sessuali di una collega, frasi che avevano provocato particolare disagio in quest'ultima, la quale aveva rivendicato il rispetto per la propria vita privata.

La Corte d'appello aveva relegato l'episodio in questione, pacifico da un punto di vista fattuale, all'ambito di una condotta "sostanzialmente inurbana", rilevando che, comunque, il contegno scorretto verso il pubblico, integrante una condotta "necessariamente più grave" di quella tenuta dal deducente, risultava punito con la sospensione dal servizio e dalla retribuzione, non con il licenziamento.

Valutazione, questa, che gli Ermellini hanno considerato "non condivisibile".

Secondo la Sezione lavoro della Cassazione - ordinanza n. 7029 del 9 marzo 2023 - il ragionamento seguito dal giudice di merito non era conforme ai valori presenti nella realtà sociale ed ai principi del nostro ordinamento.

Esso, infatti, rimandava ad un comportamento contrario soltanto alle regole della buona educazione e agli aspetti formali del vivere civile, mentre il contenuto delle espressioni usate e le ulteriori circostanze di fatto nel quale la condotta del dipendente andava contestualizzata, avrebbero dovuto considerarsi di particolare gravità, ponendosi in contrasto con valori ben più pregnanti, ormai radicati nella coscienza generale ed espressione di principi generali dell'ordinamento.

Per la Corte, infatti, "costituisce innegabile portato della evoluzione della società negli ultimi decenni l'acquisizione della consapevolezza del rispetto che merita qualunque scelta di orientamento sessuale e del fatto che essa attiene ad una sfera intima e assolutamente riservata della persona".

L'intrusione in tale sfera, effettuata peraltro con modalità di scherno e senza curarsi della presenza di terze persone, "non può pertanto essere considerata secondo il "modesto" standard della violazione di regole formali di buona educazione utilizzato dal giudice del reclamo ma deve essere valutata tenendo conto della centralità che nel disegno della Carta costituzionale assumono i diritti inviolabili dell'uomo (articolo 2), il riconoscimento della pari dignità sociale, "senza distinzione di sesso", il pieno sviluppo della persona umana (articolo 3), il lavoro come ambito di esplicazione della personalita' dell'individuo (articolo 4), oggetto di particolare tutela "in tutte le sue forme ed applicazioni" (articolo 35)".

In definitiva, la Cassazione ha annullato la decisione impugnata, disponendo il riesame della complessiva fattispecie al fine della verifica della sussistenza della giusta causa di licenziamento alla luce della corretta scala valoriale di riferimento dalla stessa ricostruita.

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