Genitore non biologico tutelato

Pubblicato il 21 ottobre 2016

Non sussiste alcun vuoto di tutela per i figli contesi all'interno di una coppia gay.

E’ quanto chiarito dalla Corte Costituzionale, depositando le motivazioni del provvedimento (come già anticipato con propria nota del 5 ottobre 2016) con cui ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 337 ter c.c.

La presente pronuncia, si ricorda, origina da un procedimento volto a statuire i tempi e le modalità di frequentazione di due gemelli nati mediante procreazione assistita, da una coppia di donne la cui relazione sentimentale era giunta al termine. La madre non biologica, nello specifico, rivendicava il diritto di continuare a frequentare i bambini.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello rimettente -  muovendo dalla corretta premessa per cui l’intervento del giudice a tutela del diritto del figlio a “conservare rapporti significativi” con persone diverse dai genitori, ex art. 337 ter c.c., abbia esclusivo riguardo a soggetti comunque legati al minore da un vincolo parentale, quindi in un contesto familiare – era pervenuta alla conclusione che esistesse un vuoto di tutela quanto all'interesse del minore a mantenere rapporti, non meno significativi, eventualmente intrattenuti con adulti, come nel caso de quo, non parenti.

Interruzione rapporti significativi con “non parenti” Condotta pregiudizievole

Così ragionando, tuttavia – controbatte la Consulta - i giudici rimettenti trascurano di considerare che l’interruzione ingiustificata, da parte di uno o di entrambi i genitori, in contrasto con l’interesse del minore, di un rapporto significativo da quest’ultimo instaurato o intrattenuto con soggetti che non siano parenti, è riconducibile all'ipotesi di condotta del genitore comunque “pregiudizievole al figlio”, in relazione alla quale l’art. 333 c.c.  già consente al giudice di adottare i “provvedimenti convenienti” nel caso concreto. E ciò su ricorso sia del pubblico ministero (a tanto legittimato dall’art. 336 c.c.), sia su sollecitazione dell’adulto non parente, coinvolto nel rapporto in questione.

Non sussiste pertanto – conclude la Corte Costituzionale con sentenza n. 225 depositata il 20 ottobre 2016 – il vuoto di tutela dell’interesse del minore, presupposto dall'autorità rimettente. E ciò comporta, per l’appunto, la non fondatezza delle questione di legittimità costituzionale sul tal presupposto sollevata.

 

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