Con sentenza n. 145 del 10 luglio 2020, la Consulta ha dichiarato infondate alcune questioni di legittimità costituzionale che avevano investito l’articolo 709-ter, secondo comma, n. 4) del Codice di procedura civile, in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, 117, primo comma, della Costituzione e all’art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Le questioni erano state sollevate dal Tribunale di Treviso e riguardavano la parte della disposizione censurata in cui si prevede che, nell’ambito di un giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il genitore che abbia posto in essere atti che arrechino pregiudizio al minore sia passibile della sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 75 euro a un massimo di 5mila euro.
Il giudice rimettente aveva lamentato:
Rilievi, questi, giudicati infondati dalla Corte costituzionale.
In primo luogo, è stato precisato che la disposizione in oggetto ha la sua ratio e la sua giustificazione nell’esigenza di assicurare una tutela effettiva rispetto all’adempimento di una serie di obblighi di carattere prevalentemente infungibile nei confronti della prole, per i quali, prima della sua emanazione, mancavano efficaci strumenti di attuazione e coazione.
Nella specie – ha quindi puntualizzato la Corte fornendo una interpretazione conforme alla Carta costituzionale - il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento della prole, nella misura in cui è già sanzionato penalmente, non è compreso nel novero delle condotte inadempienti per le quali può essere irrogata dall’autorità giudiziaria adita la sanzione pecuniaria “amministrativa” in esame.
Le condotte invece suscettibili di tale sanzione sono infatti “altre”, ossia le tante condotte, prevalentemente di fare infungibile, che possono costituire oggetto degli obblighi relativi alla responsabilità genitoriale e all’affidamento di minori.
Rispetto al secondo motivo, la Corte ha sottolineato la compatibilità, con il principio di determinatezza, dell’utilizzo, nella formula descrittiva dell’illecito sanzionato, “di una tecnica esemplificativa oppure di concetti extragiuridici diffusi o, ancora, di dati di esperienza comune o tecnica”, tanto più nei casi in cui l’opera interpretativa della giurisprudenza, specie di legittimità, consenta di specificare il precetto legale.
Per finire, la Consulta ha ritenuto non sussistente alcun ingiustificato trattamento differenziato.
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