Gravi vizi. Appaltatore condannato al rifacimento integrale della pavimentazione

Pubblicato il 27 giugno 2017

La Corte di cassazione ha confermato la decisione con cui i giudici di merito avevano condannato un’impresa di costruzioni a risarcire gli acquirenti di un immobile, oggetto di lavori di pavimentazione, dei danni ex articolo 1669 del Codice civile, pari alla somma necessaria per l’eliminazione di riscontrati gravi difetti, consistenti in crepe ed avvallamenti del pavimento in mattonelle posto in opera.

Nel corso del secondo grado del giudizio, in particolare, la Corte d’appello aveva confermato i gravi vizi rilevati sulla base delle indagini tecniche eseguite, difetti che erano stati ritenuti imputabili alla tecnica adoperata, difforme da quella indicata in capitolato, alle caratteristiche qualitative delle piastrelle ed alle tensioni insorte nei sottostrati.

Per i giudici di gravame, da un lato, tutti detti difetti, così diffusi, compromettevano il normale e pieno utilizzo della pavimentazione, concretando “gravi difetti” ai sensi dell’articolo 1669 c.c.; dall’altro, la società costruttrice non aveva offerto prove adeguate per superare la presunzione di responsabilità su essa incombente.

Quest’ultima, dal canto suo, aveva avanzato ricorso in sede di legittimità rilevando che le piastrelle difettose non fossero, in realtà, in un numero così elevato, in quanto erano pari solo ad un’ottantina rispetto alle circa 1.800 impiegate; pertanto, a suo dire, era contestabile il carattere diffuso riferito dalla Corte d’appello.

Onere di motivazione correttamente adempiuto

Nel confermare la decisione impugnata, la Suprema corte – sentenza n. 15846 depositata il 26 giugno 2017 – ha tuttavia ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente adempiuto all’onere di motivazione, riportando, in sentenza, gli elementi probatori valutati, dai quali emergeva - diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente - la sussistenza dell’ampiezza del fenomeno e la conseguente gravità dei difetti.

La Corte d’appello, nel dettaglio, aveva accertato, in fatto, le deficienze costruttive riportate dal CTU, argomentandone l’incidenza sulla funzionalità globale ed abitabilità dell’appartamento, con conseguente menomazione dell’immobile. Senza contare che la stessa aveva anche individuato gli interventi necessari ad eliminare i detti vizi.

Quantificazione del danno

Aderendo, ancora, alle considerazione dei giudici di secondo grado, la Cassazione ha ritenuto adeguato che, in ordine alla quantificazione del danno, i lavori di ripristino dovessero consistere nell’integrale rifacimento della pavimentazione.

Ribadito, in detto contesto, il principio secondo cui l’ambito della responsabilità posta dall’articolo 1669 c.c. a carico dell’appaltatore per rovina o difetti della costruzione, in mancanza di limitazioni legali, “deve ritenersi coincidente con quello generale della responsabilità extracontrattuale e come tale include tutte le spese necessarie per eliminare, definitivamente e radicalmente, i difetti, anche mediante la realizzazione di opere diverse e più onerose di quelle originariamente progettate, purché utili a che l’opera possa fornire la normale utilità propria della sua destinazione”.

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