I bandi pubblici sono blindati

Pubblicato il 22 febbraio 2010

L’amministrazione pubblica non ha il potere, in sede di compilazione del bando, di introdurre clausole inique che modificano il termine del pagamento, la decorrenza e la misura degli interessi moratori. In questo senso il Consiglio di Stato con sentenza n. 469 del 2 febbraio 2010 a conferma della sentenza del Tar Lazio il quale aveva annullato il bando di un’amministrazione penitenziaria in cui erano state inserite clausole che modificavano il termine di pagamento del corrispettivo portandolo da 30 a 60 giorni, la decorrenza degli interessi moratori dal 30° al 180° giorno ed un minore tasso di interesse.

Il Consiglio di Stato ha asserito che non rientra tra il potere dell’amministrazione pubblica fissare unilateralmente le conseguenze del proprio inadempimento contrattuale oppure condizionare i bandi all’accettazione di clausole aventi contenuti iniqui e vessatori. Pertanto sono invalide clausole contrattuali che stabiliscano regole diverse da quelle considerate imperative e deve considerarsi illegittima l’esclusione di un concorrente che non accetta tali clausole.

Le statuizioni contenute negli articoli 4 e 5 del Decreto legislativo n. 231 del 2002 sono poste per preservare la parte contrattualmente più debole e non sono pertanto derogabili. Inoltre le clausole introdotte dalla p.a. comportano un “ingiustificato vantaggio per la amministrazione predisponente, concretandosi nella aperta violazione della disciplina di riequilibrio delle diverse posizioni di forza, la cui tutela la direttiva comunitaria è proprio diretta a rafforzare”.

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