Il divieto di velo integrale non viola la Convenzione dei diritti dell’uomo

Pubblicato il 12 luglio 2017

Con sentenza depositata l’11 luglio 2017, relativamente alla causa Belcacemi e Oussar contro Belgio (ricorso n. 37798/13), la Corte europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata con riferimento alla vicenda di due donne, una cittadina belga e una cittadina marocchina, che denunciavano la violazione delle disposizioni contenute nella Cedu - per quanto riguarda il diritto al rispetto della vita privata, il diritto alla libertà di manifestazione della loro religione e delle loro convinzioni e il diritto di libertà di espressione - in considerazione del divieto, loro imposto dalla normativa belga, di indossare, negli spazi pubblici, il velo integrale.

Le due ricorrenti, dichiaratesi di confessione islamica, avevano dedotto di aver preso, di propria iniziativa, la decisione di portare il niqab, il velo, ossia, che copre anche il viso ad eccezione degli occhi, conformemente alle proprie convinzioni religiose.

Corte Edu: restrizione necessaria in una società democratica

La Corte di Strasburgo ha giudicato l’insussistenza delle denunciate violazioni, precisando che la restrizione in esame fosse volta a garantire le condizioni del “vivere insieme”, parte della "protezione dei diritti e delle libertà altrui ", e potesse, pertanto, tradursi come "necessaria", in una società democratica.

Per i giudici europei, le autorità dello Stato, attraverso il loro contatto diretto e continuo con le forze vitali del Paese, si trovano, in linea di principio, in una posizione che consente loro di valutare i bisogni e il contesto locale in modo più adeguato rispetto al giudice internazionale.

Adottando, nella specie, le disposizioni impugnate, lo Stato belga ha ritenuto di rispondere a una pratica che ha considerato incompatibile, nella propria società, con le modalità di comunicazione sociale e più in generale con lo sviluppo di rapporti umani, indispensabili nella società medesima.

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