Il Garante privacy nega il controllo a distanza dei lavoratori

Pubblicato il 06 dicembre 2021

Il Garante per la protezione dei dati personali, con la newsletter 3 dicembre 2021, n. 484, afferma che non è possibile adottare sistemi con funzioni di controllo a distanza dei lavoratori.

Nello specifico, l’Autorità prevede che la sorveglianza è legittima esclusivamente nel rispetto delle norme a tutela del lavoratore, ai sensi della legge 20 maggio 1970, n. 300, e del Codice della Privacy.

La suddetta decisione è avvenuta in seguito al reclamo di un dipendente di una società di trasporto pubblico il quale lamentava presunte violazioni con riguardo al trattamento dei dati personali mediante l’utilizzo del sistema di gestione delle telefonate del call center utilizzato per il servizio di assistenza all’utenza.

Durante l’istruttoria, la società affermava di aver utilizzato tali strumenti tecnologici per verificare gli standard qualitativi e per gestire eventuali reclami, precisando di aver preventivamente informato i lavoratori e i sindacati.

Tuttavia, in seguito ad attività ispettiva, risultava che i dipendenti non erano stati adeguatamente informati.

In particolare, il sistema di controllo non si limitava alla gestione delle chiamate, ma prevedeva la registrazione, il riascolto delle telefonate e la conservazione delle stesse per un periodo di tempo non precisato.

Il software, inoltre, registrava anche altre informazioni relative allo svolgimento dell’attività lavorativa del dipendente, come la durata delle telefonate, i numeri contattati, data e ora delle chiamate.

Le suddette caratteristiche configuravano una vera e propria attività di controllo a distanza dei dipendenti, pertanto, il sistema non poteva essere classificato come uno “strumento di lavoro”.

Il Garante – in riferimento a tale fattispecie - con il provvedimento del 28 ottobre 2021, afferma che la società aveva trattato i dati dei lavoratori in modo non conforme ai principi di “liceità, correttezza e trasparenza” e che sarebbe stato opportuno stipulare uno specifico accordo sindacale o, in alternativa, richiedere l’autorizzazione dell’Ispettorato.

Per tali ragioni, considerata la collaborazione della società (che aveva senza indugio disattivato il sistema), l’Autorità prevede una sanzione amministrativa pari a 30.000 euro.

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