Il mancato rilascio del verbale di primo accesso nel corso del procedimento ispettivo

Pubblicato il 12 ottobre 2011

Il personale ispettivo in servizio presso la DTL effettua una verifica presso la falegnameria Gamma. All’atto dell’accesso viene trovato intento al lavoro il dipendente Tizio, senza che la presenza dello stesso sia stata preventivamente comunicata al Servizio per l’impiego. Nell’occasione gli ispettori, dopo aver constatato personalmente che Tizio era impegnato nella lavorazione del legno e che indossava tuta da lavoro e occhiali di protezione, acquisiscono per iscritto la dichiarazione del lavoratore, nella quale Tizio descrive compiutamente la propria attività. L’organo di vigilanza non redige, né rilascia o notifica, il verbale di primo accesso ispettivo. Gli accertamenti si concludono con verbale conclusivo contenente provvedimenti sanzionatori, poi confermati con ordinanza ingiunzione. L’impresa Gamma chiede in giudizio l’annullamento dell’ordinanza per mancanza del verbale di primo accesso ispettivo. È fondato il ricorso promosso dall’Impresa Gamma?




Procedimento ispettivo: caratteristiche generali

L’art. 33 della L. n. 183/10 (c.d. “Collegato Lavoro”) segna un’ulteriore e forse decisiva tappa nella realizzazione dell’obiettivo di procedimentalizzare la funzione ispettiva, assoggettando l’attività corrispondente a una serie di adempimenti volti a garantire trasparenza e uniformità. La norma è stata salutata da più parti come il punto d’arrivo di un percorso che ha preso le mosse dal D.lgs. n. 124/04 e che si è sviluppato attraverso l’adozione di molteplici atti di rango sia normativo, sia amministrativo, la cui stratificazione nel tempo evidenzia, d’altro canto, e ancor più, l’esigenza di un’organica razionalizzazione della materia.

Da un esame congiunto delle varie fonti il procedimento ispettivo si può schematizzare in tre fasi:

  1. avvio del procedimento;

  2. istruttoria e redazione del verbale conclusivo;

  3. eventuale adozione del provvedimento di ingiunzione o archiviazione.

Prima fase
L’avvio del procedimento si sostanzia, nella generalità delle ipotesi, con la redazione da parte del personale ispettivo del verbale di primo accesso, ora puntualmente disciplinato dall’art. 33 comma 1 L. n. 183/10. Tale atto, che deve contenere un’esposizione dettagliata e puntuale dei fatti riscontrati e delle operazioni compiute in sede di accesso dal personale ispettivo, assolve una duplice finalità:

  1. garantisce che il soggetto sottoposto a controllo, al quale infatti il verbale deve essere consegnato o notificato, possa avere contezza dell’attività effettuata dagli ispettori e possa quindi assumere eventuali iniziative a tutela della propria posizione;

  2. cristallizza con modalità comunque conoscibili a terzi gli elementi sui quali si appronterà la successiva attività istruttoria.

Seconda fase
Per quanto riguarda la fase istruttoria deve rilevarsi che i dati acquisiti nel corso del procedimento costituiscono l’oggetto di valutazione da parte dell’organo ispettivo per l’adozione del verbale conclusivo degli accertamenti. Le risultanze dell’istruttoria, in altre parole, sostanziano il contenuto della motivazione in termini di corrispondenza con la parte dispositiva del provvedimento, al fine di evidenziare quanto è avvenuto nel procedimento e come si è formata la volontà dell’amministrazione. L’art. 33 comma IV della L. 183/2010 stabilisce infatti che il verbale di accertamento e notificazione debba contenere, tra l’altro, “[…] gli esiti dettagliati dell’accertamento, con indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati […]”.

Terza fase
La terza fase del procedimento ispettivo presenta carattere eventuale, in quanto l’ordinanza ingiunzione viene adottata laddove il verbale conclusivo contenga fondati provvedimenti sanzionatori, non ottemperati dal soggetto ispezionato. Qualora invece il verbale presenti sanzioni ritenute infondate, anche a seguito del contradditorio instaurato ai sensi dell’art. 18 della L. 689/81, il procedimento termina con atto di archiviazione. Di contro, laddove il verbale contenga provvedimenti sanzionatori interamente adempiuti o attesti la “regolarità” dell’accertamento effettuato, l’iter procedimentale si arresta alla seconda fase.
Successivamente alla conclusione del procedimento ispettivo, ove venga adottata ordinanza ingiunzione, si può giungere al giudizio di opposizione, mediante ricorso giurisdizionale ex art. 22 L. 689 cit.. Al riguardo occorre sottolineare che il giudizio di opposizione non verte sulla regolarità formale del procedimento o degli atti presupposti all’ordinanza-ingiunzione, né sulla legittimità in sé del provvedimento finale, bensì attiene alla verifica sostanziale del rapporto sanzionatorio. In tal senso il sindacato del giudice è a cognizione piena, nel senso che si appunta sul rapporto, ergo sulla sussistenza o meno dei fatti descritti dalle norme
sanzionatorie, concretamente accertati e posti dall’amministrazione a base dei provvedimenti sanzionatori. Ciò spiega di per sé l’irrilevanza, ai fini della tutela demolitoria dell’atto, di ricorsi fondati su vizi formali o di carattere procedimentale. In tale prospettiva la verifica del giudice è volta a constatare l’incidenza sostanziale o formale dell’obbligo di consegna o notifica del verbale di primo accesso.

La contestazione dell’Impresa Gamma

Proprio la violazione dell’art. 33 comma I della L. n. 183 cit. viene posta dall’Impresa Gamma a fondamento della propria doglianza, volta a contestare la legittimità dell’ordinanza ingiunzione per mancata redazione e consegna del verbale di primo accesso ispettivo. In particolare secondo l’Impresa Gamma la carenza del verbale di primo accesso renderebbe invalidi tutti gli atti consequenziali del procedimento, culminato con ordinanza ingiunzione.
Sin d’ora si può anticipare che la motivazione addotta dall’Impresa Gamma, a parere degli scriventi, non sembra avere pregio, atteso che non considera la natura del giudizio di opposizione sopra descritta, né il portato dell’art. 21 octies della L. n. 241/90 e succ. mod. e
integr..

Natura e finalità del verbale di primo accesso

A parere degli scriventi, il verbale di primo accesso, pure con i dovuti distinguo, appare funzionalmente assimilabile alla comunicazione di avvio del procedimento, disciplinata dagli artt. 7 e 8 della L. n. 241/90 e succ. mod. e integr.. Nonostante la prevalente giurisprudenza ritenga che i procedimenti culminanti con provvedimenti vincolati non appaiono bisognosi di una comunicazione di avvio, l’art. 33 comma 1 della L. n. 183 cit. ha comunque positivizzato tale obbligo anche per il procedimento ispettivo, destinato anch’esso a concludersi con atti vincolati (per cui infra). Mediante la previsione di tale obbligo in sostanza il Legislatore ha inteso rafforzare le garanzie di partecipazione al procedimento ispettivo, già previste dall’art. 18 commi I e II della L. n. 689 cit. con la presentazione di scritti difensivi e richiesta di audizione.
Il verbale di primo accesso, che costituisce per l’appunto atto preparatorio ed endoprocedimentale, appare dunque finalizzato a informare il destinatario del provvedimento finale, dell’apertura di un procedimento potenzialmente idoneo a incidere sulla sua sfera giuridica
. In tal senso il verbale di primo accesso assolve altresì una funzione di tutela, poiché viene garantito al soggetto ispezionato il diritto al contraddittorio, esercitabile mediante la presentazione di dichiarazioni, documenti e memorie pertinenti all’oggetto del procedimento. Infatti le informazioni apportate dal soggetto ispezionato possono rilevarsi utili per l’istruttoria amministrativa, la quale, ferma la segretezza degli atti ispettivi, viene arricchita di elementi atti a consentire una miglior ponderazione delle dinamiche inerenti al contesto aziendale di riferimento, perseguendo correlativamente anche effetti deflattivi sul piano dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali.

L’obbligo di consegna del verbale di primo accesso

Così come statuito per l’ipotesi di violazione dell’art. 7 della L. n. 241 cit., mutatis mutandis gli scriventi ritengono che l’obbligo di consegna o notifica alla parte datoriale del verbale di primo accesso ispettivo non assuma valenza sostanziale, laddove il soggetto destinatario dell’atto finale sia venuto comunque a conoscenza dell’avvio del procedimento ispettivo e abbia avuto l’effettiva possibilità di esercitare, nel corso dell’istruttoria, i propri diritti partecipativi.
Considerato che la conoscenza del procedimento ispettivo è comunque garantita dalla notifica del verbale conclusivo, avverso il quale infatti il destinatario può esercitare le facoltà di cui all’art. 18 commi I e II della L. n. 689 cit., appare difficilmente ipotizzabile che l’omessa consegna o notifica del verbale di primo accesso comporti una menomazione del diritto al contraddittorio procedimentale. Occorre inoltre tenere presente che il soggetto ispezionato può venire a conoscenza del procedimento ispettivo in ogni modo (es. perché a costui riferito dai lavoratori presenti all’atto dell’accesso) e può pure interloquire con l’amministrazione in corso di verifica, chiedendo anche di inserire in fase di redazione del verbale conclusivo, puntuali dichiarazioni e/o deduzioni; in tal modo viene rispettato il principio del contraddittorio ai sensi dell’art. 13 comma 3 del Codice di comportamento ad uso degli Ispettori del Lavoro. Secondo tale prospettiva, pertanto, la violazione dell’obbligo di cui all’art. 33 della L. n. 183 cit. si risolve in un’illegittimità di carattere formale o procedimentale inidonea a incidere efficacemente nel merito del rapporto dedotto in giudizio.

L’annullabilità degli atti amministrativi ex art. 21 octies Legge 241/1990

La prospettazione sopra esposta collima anche con il regime “sanante” dettato dall’art. 21 octies della L. n. 241 cit..

Occorre premettere che tale previsione normativa risulta applicabile al procedimento speciale di cui alla L. n. 689 cit. perché con esso compatibile, e funzionale a garantire, in armonia con la natura cognitiva del giudizio di opposizione, certezza e stabilità agli interessi sostanziali emersi nel procedimento e recepiti nell’atto finale.
La valenza dell’art. 21 octies della L. n. 241 cit. è risultata sin dalla sua emanazione controversa al punto da generare ampie e tuttora non sopite discussioni. Appare evidente che questa non sia la sede per riassumere le variegate e molteplici posizioni che si sono espresse favorevolmente ovvero in senso dubitativo circa la valenza della norma, né per illustrare gli orientamenti esegetici volti a classificare gli ambiti dogmatici e concettuali entro cui sussumere la previsione in commento. Per tali digressioni non può che rinviarsi agli scritti dottrinari e alla giurisprudenza sviluppatasi sull’argomento. Ciò che invece va evidenziato, senza pretesa di certezza alcuna, sono i presupposti basilari che giustificano l’applicazione della norma.

La disposizione si divide in due parti.
La prima parte dell’art. 21 octies comma II prevede che l’annullamento non può aver luogo qualora il provvedimento:

  1. venga adottato in violazione di norme procedimentali o formali;

  2. abbia natura vincolata;

  3. sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

La seconda parte riguarda invece un tipico vizio procedimentale: l’omessa comunicazione di avvio procedimento. In tal caso la disposizione recita che il provvedimento non è annullabile “qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Per quanto riguarda il rapporto intercorrente tra la prima e seconda parte della norma la giurisprudenza ritiene che fra di esse via sia una relazione concorrenziale di specialità, nel senso che laddove l’attività sia vincolata troverà applicazione il primo o il secondo periodo, a seconda della tipologia del vizio, mentre in presenza di attività discrezionale si applicherà soltanto la seconda parte della disposizione in commento.

Atti vincolati e atti discrezionali

Per quanto riguarda la distinzione tra atti vincolati e atti discrezionali, in linea di massima, si può ripetere, con la dottrina tradizionale, che la discrezionalità consiste nella facoltà di scelta fra più comportamenti giuridicamente leciti, conferita ex lege all’amministrazione per la determinazione del contenuto del provvedimento. Diversamente si è in presenza di atti vincolati laddove il contenuto del provvedimento sia rigidamente predeterminato dalla legge, nel senso che l’amministrazione non risulta titolare di alcuna prerogativa per la scelta del contenuto sostanziale dell’atto, essendo tenuta ad accertare esclusivamente i presupposti fattuali che ne giustificano l’adozione.
Sicché, ove tali presupposti vengano accertati come esistenti, l’amministrazione non può che adottare quel provvedimento, con quel contenuto già normativamente stabilito. Al riguardo è stato sostenuto anche che il concetto di atto vincolato comprende anche la “[...] nozione normativa del c.d. autovincolo, ovvero i casi in cui l’amministrazione, emanando un atto regolamentare o generale (es. bando di gara o concorso), abbia consumato la propria discrezionalità, imponendosi delle regole per il futuro esercizio del potere”.

I provvedimenti ispettivi quali atti vincolati

Al fine di fugare ogni perplessità, non appare dubitabile che i verbali ispettivi e i correlativi provvedimenti sanzionatori siano classificabili come atti vincolati. Infatti, eccettuate alcune peculiari ipotesi, tra cui il provvedimento di sospensione dei lavori di cui all’art. 14 D.lgs. n. 81/08 e succ. mod. e integr. ritenuto di natura discrezionale, al personale ispettivo non è dato alcun margine di apprezzamento per la determinazione contenutistica dell’atto, essendo tenuto a verificare esclusivamente le modalità fattuali circa lo svolgimento del rapporto di lavoro intercorso tra le parti. Se si vuol parlare di “discrezionalità” lo si può fare, ma con la consapevolezza che si tratta di un termine improprio, giacché questa riguarda non il quid dell’atto, ma l’interpretazione dei fatti e delle prove acquisite in sede di accertamento. Laddove i presupposti fattuali vengono ritenuti esistenti, l’amministrazione, non può, ma deve esclusivamente adottare quello specifico provvedimento previsto dalla legge per la fattispecie violata ed entro precisi termini perentori.
Stabilito pertanto che gli atti ispettivi sanzionatori rivestono generalmente natura vincolata e che l’omessa consegna e redazione del verbale di primo accesso costituisce una violazione di legge tipicamente procedimentale, non resta che verificare, ai fini della caducazione e salvezza dell’atto, l’incidenza causale del vizio rispetto al contenuto sostanziale del provvedimento finale. In tal senso pertanto occorre riscontrare se la consegna del verbale di primo accesso avrebbe consentito al soggetto ispezionato di orientare diversamente l’esercizio dell’attività ispettiva, al punto da modificare concretamente gli esiti della verifica, culminati poi con ordinanza ingiunzione. In tale prospettiva, la difformità del provvedimento al paradigma normativo deve rappresentare la conseguenza di carenze istruttorie che, ove colmate dall’apporto partecipativo del privato, avrebbero consentito all’Ufficio ispettivo di pervenire a un diverso risultato.A parere degli scriventi siffatta indagine, seppure suscettibile di valutazione caso per caso, raramente potrà portare alla caducazione dell’atto:

  1. per la fede privilegiata che comunque assiste ai fatti riscontrati anche se non verbalizzati in loco dai funzionari ispettivi;

  2. perché generalmente, in corso d'ispezione, viene acquisito un impianto probatorio solido ed efficiente (in ogni caso, nell’ipotesi in cui il materiale istruttorio fosse carente, l’ordinanza potrebbe essere suscettibile di annullamento, non per vizi procedimentali, ma per infondatezza degli accertamenti).

Segnatamente, anche nel caso in cui difettasse la consegna o la notifica del verbale di primo accesso e la fase propedeutica al verbale conclusivo si esaurisse in tempi strettissimi, il soggetto ispezionato verrebbe comunque a conoscenza del procedimento, se non altro mediante la notifica del predetto verbale unico di accertamento, considerato per giurisprudenza costante atto meramente endoprocedimentale. Di conseguenza si aprirebbero per il soggetto ispezionato le porte per l’esercizio dei diritti di cui all’art. 18 L. n. 689 cit. (scritti difensivi e audizione) che ove ritenuti fondati porterebbero alla soddisfazione di pretese sostanzialmente non dissimili rispetto a quelle coltivabili ab origine nella fase pregressa all’adozione del verbale di accertamento.
Tali considerazioni evidenziano
dunque che l’ordinanza ingiunzione adottata nel caso di specie dall’Ufficio ispettivo, benché formalmente illegittima, non appare meritevole di caducazione.

Conclusioni

Il personale ispettivo in occasione dell’accesso eseguito presso la sede di lavoro della falegnameria Gamma ha riscontrato l’occupazione da parte di quest’ultima di un lavoratore in assenza di preventiva comunicazione al servizio per l’impiego. Nell’occasione l’organo di vigilanza ha constatato de visu che Tizio indossava abiti da lavoro ed era intento a lavorare il legno. In tal contesto è stata acquisita per iscritto la dichiarazione del lavoratore nella quale quest’ultimo descriveva puntualmente il contenuto degli accordi intercorsi con il datore di lavoro, le modalità del proprio lavoro, riferendo altresì di aver cominciato a prestare la propria attività come operaio il giorno stesso dell’accesso ispettivo. Sicché la circostanza che all’esito della visita in azienda il personale ispettivo non abbia rilasciato o notificato al datore di lavoro né ad altro soggetto ivi presente il verbale di primo accesso, nulla aggiunge e nulla toglie alla solidità degli atti istruttori acquisiti in loco e alla valenza privilegiata dei fatti riscontrati personalmente dall’organo ispettivo. Trattasi pertanto di atti incidenti sulla cognizione sostanziale del rapporto dedotto in giudizio e muniti d’idonea capacità dimostrativa nel sorreggere con fondamento la pretesa dell’amministrazione. Tali atti evidenziano inoltre l’ininfluenza di eventuali deduzioni che il trasgressore avrebbe potuto spiegare ove fosse venuto in possesso del verbale di primo accesso, attesa altresì l’assenza di ragionevoli alternative di fatto oggettivamente percorribili.


NOTE

i Art. 33 (Accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica)

1. L’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, è sostituito dal seguente:

«Art. 13. – (Accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica). – 1. Il personale ispettivo accede presso i luoghi di lavoro nei modi e nei tempi consentiti dalla legge. Alla conclusione delle attività di verifica compiute nel corso del primo accesso ispettivo, viene rilasciato al datore di lavoro o alla persona presente all’ispezione, con l’obbligo alla tempestiva consegna al datore di lavoro, il verbale di primo accesso ispettivo contenente:

a) l’identificazione dei lavoratori trovati intenti al lavoro e la descrizione delle modalità del loro impiego;

b) la specificazione delle attività compiute dal personale ispettivo;

c) le eventuali dichiarazioni rese dal datore di lavoro o da chi lo assiste, o dalla persona presente all’ispezione;

d) ogni richiesta, anche documentale, utile al proseguimento dell’istruttoria finalizzata all’accertamento degli illeciti, fermo restando quanto previsto dall’ articolo 4, settimo comma, della legge 22 luglio 1961, n. 628.

2. In caso di constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido, ai sensi dell’ articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione del verbale di cui al comma 4.

3. In caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore o l’eventuale obbligato in solido è ammesso al pagamento di una somma pari all’importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, entro il termine di quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2. Il pagamento dell’importo della predetta somma estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida e a condizione dell’effettiva ottemperanza alla diffida stessa.

4. All’ammissione alla procedura di regolarizzazione di cui ai commi 2 e 3, nonché alla contestazione delle violazioni amministrative di cui all’ articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si provvede da parte del personale ispettivo esclusivamente con la notifica di un unico verbale di accertamento e notificazione, notificato al trasgressore e all’eventuale obbligato in solido. Il verbale di accertamento e notificazione deve contenere:

a) gli esiti dettagliati dell’accertamento, con indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati;

b) la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili ai sensi del comma 2;

c) la possibilità di estinguere gli illeciti ottemperando alla diffida e provvedendo al pagamento della somma di cui al comma 3 ovvero pagando la medesima somma nei casi di illeciti già oggetto di regolarizzazione;

d) la possibilità di estinguere gli illeciti non diffidabili, ovvero quelli oggetto di diffida nei casi di cui al comma 5, attraverso il pagamento della sanzione in misura ridotta ai sensi dell’ articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689;

e) l’indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con specificazione dei termini di impugnazione.

5. L’adozione della diffida interrompe i termini di cui all’ articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del ricorso di cui all’articolo 17 del presente decreto, fino alla scadenza del termine per compiere gli adempimenti di cui ai commi 2 e 3. Ove da parte del trasgressore o dell’obbligato in solido non sia stata fornita prova al personale ispettivo dell’avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle somme previste, il verbale unico di cui al comma 4 produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido ai quali sia stato notificato.

6. Il potere di diffida nei casi previsti dal comma 2, con gli effetti e le procedure di cui ai commi 3, 4 e 5, è esteso anche agli ispettori e ai funzionari amministrativi degli enti e degli istituti previdenziali per le inadempienze da essi rilevate. Gli enti e gli istituti previdenziali svolgono tale attività con le risorse umane e finanziarie esistenti a legislazione vigente.

7. Il potere di diffida di cui al comma 2 è esteso agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che accertano, ai sensi dell’ articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689, violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale. Qualora rilevino inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, essi provvedono a diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, con gli effetti e le procedure di cui ai commi 3, 4 e 5».

ii Si segnalano il D.D. del 20 aprile 2006 (“Codice di comportamento ad uso degli Ispettori del Lavoro”), la c.d. “Direttiva Sacconi” del 18 settembre 2008; il D.L. n. 112/08 conv. in L. n. 133/08 concernente la deformalizzazione degli adempimenti in ambito lavoristico, per passare alla celeberrima nota sulla procedimentalizzazione del Ministero del Lavoro prot. n. 25/SEGR/8716 del 12/06/2009 e alla Circolare dello stesso Dicastero n. 41/2010.

iii La disposizione assurge ad obbligo di legge ciò che precedentemente era stabilito solo con provvedimenti non normativi (cfr. Direttiva Sacconi cit.).

iv Cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 28/01/2010, n. 1786.

v Art. 21-octies (Annullabilità del provvedimento)

1. È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.

2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

vi Tali distinzioni sono dovute al fatto che non tutti i procedimenti ispettivi hanno inizio con il rilascio del verbale di primo accesso. Basti pensare alle attività d’indagine prodromiche all’accertamento generalmente inteso, in quanto nulla vieta al personale ispettivo di acquisire dichiarazioni o elementi, funzionali alla verifica, precedentemente all’accesso in azienda. O ancora, basti considerare che vi sono accertamenti che cominciano con richieste di documenti e verifiche, che avendo riflessi penali, si svolgono senza rilascio del verbale di primo accesso ispettivo.

vii Art. 7 (Comunicazione di avvio del procedimento)

1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall'articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento.

2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell'amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari.

Art. 8 (Modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento)

1. L'amministrazione provvede a dare notizia dell'avvio del procedimento mediante comunicazione personale.

2. Nella comunicazione debbono essere indicati:

a) l'amministrazione competente;

b) l'oggetto del procedimento promosso;

c) l'ufficio e la persona responsabile del procedimento;

c-bis) la data entro la quale, secondo i termini previsti dall'articolo 2, commi 2 o 3, deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione;

c-ter) nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza;

d) l'ufficio in cui si può prendere visione degli atti.

3. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima.

4. L'omissione di taluna delle comunicazioni prescritte può essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista.

viii In materia di sanzioni per abusi edilizi cfr. Cons. Stato Sez. VI, 30/05/2011, n. 3223; T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, 31/05/2011, n. 1393; T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, 09/11/2010, n. 2631; Cons. Stato Sez. VI, 15/06/2009, n. 3807; T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 16/03/2009, n. 418; T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter Sent., 29/07/2008, n. 7602; contra per la valenza generale della comunicazione applicabile anche agli atti vincolati cfr. Cons. Stato Sez. V, 13/10/2010, n. 7458; T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, 19/05/2011, n. 862; T.A.R. Veneto Venezia Sez. II Sent., 09/07/2008, n. 1966.

ix Peraltro in misura non inferiore agli standard minimi stabiliti dagli artt. 7 e 8 della L. n. 241 cit (cfr. Cass. civ. Sez. V, 11/06/2010, n. 14104).

x Cfr. T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, 13/05/2011, n. 1235; T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, 31/05/2011, n. 965; in tal senso anche Cons. Stato Sez. IV, 03/05/2011, n. 2630.

xi Come noto atto anch’esso atto endoprocedimentale (cfr. Cass Civ. Sez. Lav. n. 16319/10).

xii Non v’è dubbio che la L. n. 689 cit. costituisce lex specialis prevalente sulla disciplina generale stabilita della L. n. 241 cit. giacché delinea un procedimento di carattere contenzioso in sede amministrativa organico e compiuto. D’altro canto è vero anche che L. n. 241 cit. esplica, rispetto a procedimenti disciplinati da leggi speciali anteriori, una valenza precettiva autonoma laddove questi siano lacunosi o carenti rispetto alle garanzie assicurate dalla disciplina generale (cfr. T.A.R. Lazio Roma Sez. I Sent., 07/10/2008, n. 8786; Trib. Bologna Sez. II, 26/02/2008).

xiii Cfr. F. Caringella – Manuale di Diritto Amministrativo, Dike Giuridica Editrice - 2010 pagg. 111 e ss..

xiv Per la natura sostanziale della disposizione cfr. Cons. Stato Sez. V, 20/03/2007, n. 7307; T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, 01/07/2009, n. 680; contra per la natura processuale della norma cfr. Cons. Stato Sez. VI, 02/02/2009, n. 541; T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II Sent., 31/07/2008, n. 1032; per la tesi del raggiungimento dello scopo cfr. Cons. Stato Sez. VI, 15/03/2007, n. 1264; T.A.R. Campania Napoli Sez. VII Sent., 07/05/2008, n. 3522; T.A.R. Abruzzo L’Aquila Sez. I Sent., 27/03/2008, n. 474.

xv Sul punto si rinvia al manuale F. Caringella op. cit. pag. n. 130.

xvi cfr. Cons. Stato Sez. VI, 07/06/2011, n. 3416; in tal senso anche T.A.R. Campania Sez. VII Sent., 20/11/2007, n. 8943.

xvii La discrezionalità si può incentrare sull’an (scelta tra l’adottare o meno l’atto), sul quid (scelta di un particolare tipo di contenuto), sul quomodo (scelta nel procedimento) e sul quando (scelta in ordine al tempo in cui intervenire) del provvedimento. A seconda del margine di discrezionalità concesso dal legislatore, l’amministrazione ha la possibilità di determinare almeno in parte i quattro elementi sopra indicati.

xviii Cfr. G. Chiné “l’art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990 nel diritto vivente”, http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/Chin%C3%A9_art_21OCTIES.htm.

xix Per la natura vincolata degli atti sanzionatori cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 30/09/2009, n. 20929.

xx Cfr. Corte Cost. n. 310/10.

xxi Così esemplificativamente ove l’ispettore accerti lo svolgimento in nero della prestazione, non potrà che adottare la sanzione prevista ex lege, commisurando gli importi secondo criteri anch’essi prefissati dalla legge. Margini di apprezzamento residueranno semmai nel conteggio delle giornate lavorate in nero, ma ciò attiene sempre alla prova del dato fattuale e non alla sostanza contenutistica del provvedimento sanzionatorio prefissato dalla norma. Analogamente laddove l’ispettore riscontri violazioni in ordine alla tenuta del libro unico, l’accertamento si appunta sulle modalità fattuali di compilazione del libro. Ove tale compilazione sia ritenuta errata seguono per effetto le sanzioni previste ex lege.

xxii Cfr. T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, 26/06/2009, n. 360. A norma dell’art. 21 octies della medesima L. 241/90, l’annullamento del provvedimento per vizi meramente formali avviene allorché i vizi stessi non incidano sulla legittimità sostanziale del provvedimento stesso.

xxiii L’orientamento univoco della Corte di Cassazione ritiene che costituisce atto pubblico munito di fede privilegiata anche la relazione di servizio del pubblico ufficiale (cfr. Cass. pen. Sez. V, 03/11/2010, n. 6182; Cass. pen. Sez. V Sent., 31/10/2007, n. 3557; Cass. pen. Sez. V, 15/10/2004, n. 22672). Sicché, ferma l’eventuale violazione di regole comportamentali, può sostenersi che il funzionario ispettivo, tornato presso l’ufficio di appartenenza, rediga relazione di servizio nella quale viene dato atto dei fatti riscontrati e delle operazioni compiute in sede di accesso. Tale atto assume piena valenza istruttoria ai fini del procedimento ispettivo.

xxiv Per quanto riguarda l’onere della prova, recente giurisprudenza amministrativa ha stabilito che “l’art. 21-octies, comma 2, secondo periodo della legge n. 241 del 1990 deve essere interpretato in modo tale da evitare di gravare l’Amministrazione di una “probatio diabolica” (quale sarebbe quella consistente nel dover dimostrare in modo pieno che ogni eventuale contributo partecipativo del privato non avrebbe mutato l’esito del procedimento). Conseguentemente, deve ritenersi che, ai sensi della richiamata disposizione, gravi sul privato quanto meno l’onere di allegare gli elementi conoscitivi che avrebbe potuto introdurre nella serie procedimentale laddove avesse ricevuto la comunicazione di avvio, mentre invece (una volta fornita una tale allegazione) graverà sull’Amministrazione il ben più consistente onere di dimostrare che, anche laddove quegli elementi fossero stati allegati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato (cfr. Cons. Stato Sez. V Sent., 29/04/2009, n. 2737; più recentemente i Giudici del Consiglio di Stato hanno osservato ancora che con la disposizione del comma 2 dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990 n. 241 introdotto dalla legge n. 15 del 2005, specificamente riferita alla violazione procedimentale dell’articolo 7, ed applicabile tanto all’ipotesi di atto vincolato che a quella di atto discrezionale, è stato introdotto nel sistema il principio per cui l’amministrazione può dimostrare in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, così superando la censura di carattere formale relativa all’omesso inoltro dell’avviso di avvio del procedimento (Annulla la sentenza del T.a.r. Campania - Salerno, sez. II, n. 646/2005 cfr. Cons. Stato Sez. VI, 07/06/2011, n. 3416).

xxv Il venire meno dell’ordinaria tutela di annullamento dell’atto per vizi formali e procedurali solleva tuttavia la problematica volta a predisporre adeguate misure alternative per il destinatario del provvedimento amministrativo, finalizzate a conseguire idoneo ristoro a causa della scorrettezza comportamentale tenuta dall’amministrazione nel corso del procedimento. Al riguardo significativa apertura al tema de quo è stata apportata da ultimo dal Consiglio di Stato secondo cui “[…] a conferma della diversità e della non automatica sovrapponibilità delle regole di validità del provvedimento rispetto a quelle di liceità del fatto, che il danno non è di norma cagionato dal provvedimento in sé inteso ma da un fatto, ossia da un comportamento, in seno al quale rilevano anche le condotte precedenti e successive all’atto. In caso di fatto illecito non viene allora in rilievo una mera illegittimità del provvedimento in sé ma un’illiceità della condotta complessiva riguardo alla quale assume rilievo centrale il giudizio sintetico-comparativo di valore sull’ingiustizia del danno nonché la valutazione della rimproverabilità soggettiva del contegno” (cfr. Consiglio di Stato Ad. plen. n. 3/2011). Sullo stesso solco si pone il citato art. 34, comma 3, del codice del processo amministrativo il quale stabilisce che “quando nel corso del giudizio l’annullamento del provvedimento non risulti più utile per il ricorrente il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse a fini risarcitori”.

Sulla stessa linea autorevole dottrina ha ritenuto applicabile il principio privatistico che sancisce la responsabile illiceità del comportamento complessivamente tenuto dall’amministrazione nel corso del procedimento (cfr. http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/Caringella_Art21_opties.htm).

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