Il premio di fine anno è diverso dallo sconto e va fatturato dal cessionario

Pubblicato il 23 aprile 2012 La diatriba circa la natura da attribuire ai premi di fine anno riconosciuti ad un cliente da un concessionario per gli obiettivi raggiunti è stata risolta dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 5208/2012.

Nei primi gradi di giudizio erano state respinte le tesi del contribuente ed era stato sostenuto che i premi o i bonus previsti nei contratti fossero da considerare solo come un incentivo per stimolare i contribuenti a raggiungere determinati obiettivi di vendita e non fossero da considerare come compensi per operare in esclusiva. Dunque, soprattutto per la Ctr si trattava di un vero e proprio sconto commerciale.

L’Amministrazione finanziaria, da parte sua, quindi, nel decidere quale aliquota Iva applicare agli sconti commerciali e ai premi di fine anno, ha ritenuto che solo gli sconti commerciali dovevano essere certificati con nota di variazione e solo su essi andava applicata l'aliquota specifica dei beni oggetto di cessione.

Il contribuente ha impugnato la decisione di secondo grado e la Suprema Corte è intervenuta per chiarire in modo univoco il confine tra lo sconto commerciale e il premio di fine anno. Per gli Ermellini, si tratta di sconto ogni volta che si pratica una riduzione di prezzo direttamente sul valore dei beni o servizi scambiati, con conseguente riduzione del corrispettivo pattuito per le singole operazioni compiute. Lo sconto, dunque, deve essere certificato da una nota di accredito da parte del cedente, che evidenzi la rettifica operata rispetto alle precedenti fatturazioni, soprattutto per tenerne conto ai fini Iva. Il premio o bonus di fine anno è, invece, riconosciuto indistintamente a ciascun cliente che riesce a raggiungere un determinato obiettivo di vendita, precedentemente prefissato. Quest’ultimo deve essere certificato da una fattura emessa direttamente dal cessionario al cedente.
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