Il tacere del coniuge sulla propria infedeltà non porta alla revocazione della sentenza di separazione

Pubblicato il 11 aprile 2012 Perché possa procedersi con l’impugnazione per la revocazione della sentenza ex articolo 395, n. 1 del Codice di procedura civile occorre che il dolo processuale di una delle parti in danno dell'altra consista “in un'attività deliberatamente fraudolenta, concretantesi in artifici o raggiri tali da paralizzare o sviare la difesa avversaria e impedire al giudice l'accertamento della verità, facendo apparire una situazione diversa da quella reale”.

Tuttavia, la semplice allegazione di fatti non veritieri favorevoli alla propria tesi, il silenzio su fatti decisivi della controversia o la mancata produzione di documenti, possono sì configurare comportamenti censurabili sotto il diverso profilo della lealtà e correttezza processuale, ma “non pregiudicano il diritto di difesa della controparte, la quale resta pienamente libera di avvalersi dei mezzi offerti dall'ordinamento al fine di pervenire all'accertamento della verità”.

Sulla scorta di questi assunti la Corte di cassazione, con la sentenza n. 5648 del 10 aprile 2012, ha respinto il ricorso presentato da un uomo che aveva istato al fine di ottenere la revocazione per dolo processuale della sentenza di separazione in quanto la ex moglie, nelle more del procedimento, aveva taciuto al giudice la sua infedeltà.
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