Il valore nel preliminare non conta ai fini dell’imposta di registro

Ai fini del calcolo dell’imposta di registro, va esclusa qualsivoglia rilevanza agli accordi sul prezzo contenuti nel contratto preliminare di compravendita: la base imponibile dell'imposta deve fare riferimento ex lege al dato obiettivo del valore venale dell’immobile al momento del trasferimento.

E ciò, “indipendentemente dal prezzo pattuito dalle parti nel preliminare, e dalla sua vincolatività obbligatoria (tra le parti soltanto) nella determinazione del contenuto contrattuale definitivo”.

E’ quanto sottolineato dalla Corte di cassazione con ordinanza n. 27128 del 27 novembre 2020, alla luce del principio di diritto già enunciato in sede di legittimità in tema di imposta di registro e di quanto disposto dall’art. 43, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 131/1986.

Alla luce dell’orientamento richiamato – ricordano gli Ermellini - la norma in esame prevede che, nel caso di contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, il valore del bene deve essere calcolato alla data dell'atto traslativo, sicché nel caso di contratto preliminare di compravendita il valore del bene deve essere calcolato con riferimento al valore venale in comune commercio dell'immobile al momento della stipula del contratto definitivo.

Lettura da ultimo ribadita nella decisione di Cassazione n. 6173/17, ma già più volte affermata con riguardo alla pura consecuzione contrattuale “preliminare- definitivo”, e all'intervento, in tale rapporto di consecuzione, di sentenza costitutiva degli effetti del preliminare inadempiuto.

Sulla base di questi assunti la Suprema corte ha rigettato il ricorso promosso da alcuni contribuenti contro la decisione con la quale la Commissione tributaria regionale aveva ritenuto legittimo l'avviso di rettifica e liquidazione loro notificato in recupero di maggiore imposta di registro ed ipocatastale, con sanzioni, imposta relativa ad un rogito notarile con cui essi avevano venduto un compendio immobiliare.