Illecita somministrazione di manodopera e falsa fatturazione: sì al sequestro

Pubblicato il 05 marzo 2021

La Corte di cassazione ha confermato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, disposto nell’ambito di un’indagine penale per illecita attività di somministrazione di manodopera dissimulata attraverso la stipula di fittizi contratti di appalto di servizi.

La vicenda in esame prendeva le mosse da una verifica fiscale eseguita dalla Guardia di finanza nei confronti di una Srl, finalizzata al controllo dell’adempimento delle disposizioni tributarie in materia di IVA, imposte sui redditi ed altri tributi, all’esito della quale era stata prospettata l’attività di illecita somministrazione di manodopera operata in favore di altre imprese.

Il Tribunale aveva ravvisato la sussistenza del fumus commissi delicti con riguardo alle ipotesi di cui all’art. 18, comma 1 e 2 del D. Lgs. n. 276/2003 e di dichiarazione fraudolenta con emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui agli artt. 2 e 8 del D. Lgs. n. 74/2000 e, per questo, aveva confermato la misura cautelare nei confronti dei legali rappresentanti della società.

Questi ultimi si erano rivolti alla Suprema corte lamentando, tra gli altri motivi, violazione di legge e vizio di motivazione per carenza degli indizi di colpevolezza a loro carico.

Fittizi contratti di appalto di servizi e fatture per operazioni inesistenti

Doglianze giudicate infondate dalla Terza sezione penale della Corte di cassazione, pronunciatasi, sulla vicenda in esame, con sentenza n. 8809 del 4 marzo 2021.

Secondo gli Ermellini, il fumus commissi delicti era stato ben valutato dal Tribunale il quale, in aderenza alla imputazione e alle risultanze istruttorie, aveva rimarcato diversi elementi: l’attività di illecita somministrazione di manodopera in favore di diverse imprese, posta in essere dalla società in un arco temporale di tre anni circa, era stata dissimulata, come detto, attraverso la stipulazione di fittizi contratti di appalto di servizi.

La simulazione di questi ultimi emergeva dalla circostanza che la reale organizzazione della prestazione lavorativa veniva, in realtà, diretta dai vari committenti.

In tale contesto, le fatturazioni effettuate in relazione alle attività in questione rilevavano ai fini della responsabilità per i reati tributari in quanto relative ad operazioni inesistenti, attesa la diversità tra il soggetto che aveva realmente effettuato la prestazione e quello indicato in fattura.

Si trattava di una valutazione giuridicamente corretta, in quanto in linea con i principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in materia.

E’ stato così ricordato come, in tema di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro, la distinzione tra contratto di appalto e di somministrazione di manodopera sia determinata non solo dalla proprietà dei fattori di produzione, ma anche dalla organizzazione dei mezzi e dalla assunzione effettiva del rischio d’impresa, in assenza dei quali si configura una mera fornitura di prestazione lavorativa che, se effettuata da soggetti non autorizzati, è sottoposta a sanzione penale.

La stessa Cassazione - viene altresì ricordato nella decisione – ha già ammesso la configurabilità del concorso tra la contravvenzione di cui all’art. 18 del D. Lgs. n. 276/2003 e il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti ai fini IVA, nel caso di utilizzo di fatture rilasciate da una società che ha effettuato l’interposizione illegale di manodopera.

Da qui la configurabilità del delitto di dichiarazione fraudolenta con emissione di fatture per operazioni inesistenti, nel caso di intermediazione illegale di manodopera, stante la diversità tra il soggetto emittente la fattura e quello che ha fornito la prestazione.

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