Illegittimo il licenziamento della lavoratrice "mobbizzata"

Pubblicato il 12 giugno 2013 Con sentenza n. 14643 depositata l'11 giugno 2013, la Corte di cassazione, Sezione lavoro, ha confermato la decisione con cui i giudici di merito avevano dichiarato illegittimo il licenziamento intimato ad una donna per asserito superamento del periodo di comporto e condannato, altresì, il datore di lavoro al risarcimento del danno alla persona dalla stessa subito.

In particolare, gli organi giudicanti sia di primo che di secondo grado, aderendo alle deduzioni della lavoratrice, avevano riconosciuto che la malattia per la quale era stato superato il periodo di comporto, costituita da frequenti stati depressivi, ansie e crisi di panico, era stata causata da demansionamento illegittimo e da altri comportamenti datoriali integranti la condotta di mobbing.

E tale convincimento è stato ritenuto adeguatamente motivato ed immune da vizi di contraddittorietà o illogicità anche dalla Suprema corte.

Nel caso in esame si era rivelata determinante, ai fini dell'affermazione della responsabilità del datore, la testimonianza di una collega della lavoratrice la quale aveva riferito dell'atteggiamento tenuto dal coordinatore delle vendite nei confronti di quest'ultima. Era stato concretizzato, in particolare, un vero e proprio svuotamento di mansioni, finalizzato a rendere la vita impossibile alla dipendente e costringerla a dimettersi.

Secondo la Corte di legittimità, in definitiva, le assenze per malattia della lavoratrice erano dovute all'illegittimo e discriminatorio comportamento datoriale e, pertanto, non erano da computare ai fini del comporto.
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