In caso di conversione di successivi contratti a termine maturano gli scatti di anzianità

Pubblicato il 14 gennaio 2015 L’art. 31 del Collegato Lavoro (Legge n. 183/2010), a seguito dell’interpretazione autentica di cui alla Legge Fornero (art. 1, comma 13, Legge n. 92/2012), affermando che l’indennità spettante in caso di conversione del contratto a tempo determinato “ristora un pregiudizio”, ha ribadito esplicitamente che la stessa è correlata ad un danno, un pregiudizio, derivante dalla perdita del lavoro e che è omnicomprensiva perché ristora per intero le “conseguenze” retributive e contributive di quel danno da mancato lavoro e, quindi, tutti i danni sul piano retributivo e contributivo che sono conseguenza, cioè sono legati da un nesso di causalità con la perdita del lavoro.

Questo è quanto emerge in prima battuta dalla sentenza della Cassazione n. 262 del 12 gennaio 2015.

Continua la Suprema Corte sostenendo che, se l’indennità serve a risarcire le conseguenze retributive e contributive del danno da mancato lavoro, è evidente che il legislatore considera solo i periodi di non lavoro ai fini di tale risarcimento e, infatti, esclude dal computo il periodo sino alla scadenza del termine, che è periodo di lavoro, in cui il lavoratore è stato retribuito e quindi non ha subito, né può subire, conseguenze negative sul piano retributivo o contributivo.

In tale periodo la retribuzione è dovuta e detto periodo si computa ai fini degli effetti riflessi e dell’anzianità di servizio per cui l’anzianità di servizio maturata in questo periodo lavorato, vale a tutti gli effetti.

Quindi, l’indennità prevista dall’art. 32, Legge 183/2010, ristora in generale il danno subito dal lavoratore per l’allontanamento dal lavoro, tanto se questo sia stato unico, quanto se sia stato ripetuto.

Per tali periodi di non lavoro, mentre prima il lavoratore aveva diritto ad essere comunque retribuito a decorrere dalla messa a disposizione delle energie lavorative pur non avendo lavorato, oggi è prevista solo l’indennità da un minimo di 2,5 ad un massimo di 12 mensilità.

Al contrario, per il periodo di lavoro (o i periodi di lavoro, in caso di sequenza di contratti) il lavoratore ha diritto ad essere retribuito ed ha diritto a che tale periodo, o tali periodi, siano computati ai fini dell’anzianità di servizio e, quindi, della maturazione degli scatti di anzianità.
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