In Cassazione avverso le misure cautelari. No ai ricorsi personali

Pubblicato il 23 novembre 2017

La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, ha dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione, il ricorso personale proposto da un imputato avverso la misura cautelare degli arresti domiciliari, poiché intervenuto dopo l’entrata in vigore della Legge n. 103/2017 che ha modificato il codice di procedura penale. A tal proposito, va precisato che ai fini del principio del tempus regit actum, occorre aver riguardo al momento della presentazione del ricorso (se posteriore o meno all’entrata in vigore della novella) e non a quello della pronuncia del provvedimento impugnato.

Com’è noto, l’art. 54 comma 1 Legge n. 103/2017, andando ad incidere sugli artt. 571 e 613 codice di rito, ha inteso inequivocabilmente escludere la possibilità dell’imputato di presentare ricorso per cassazione personalmente, prescrivendo, a pena di inammissibilità, la sottoscrizione dell’atto di ricorso – come pure le memorie ed i motivi nuovi – da parte di un difensore iscritto all’albo speciale dei cassazionisti. Ora il dubbio interpretativo scaturisce con riguardo al ricorso per Cassazione in tema di misure cautelari; questione su cui si sono contrapposti diversi orientamenti.

Rappresentanza tecnica in Cassazione, principio a valenza generale

Ebbene la quinta sezione, in proposito – senza necessità di ricorrere ad una pronuncia delle Sezioni Unite – ha deciso di aderire all’orientamento secondo cui il principio della rappresentanza tecnica nel giudizio di legittimità avrebbe valenza generale (dunque non solo per i provvedimenti definitivi principali ed autonomi) ma anche per le ulteriori ipotesi codicistiche ed extracodicistiche, tra cui ad esempio i ricorsi in materia di estradizione e, per l’appunto, in materia di misure cautelari personali e reali.

D’altra parte – si legge nella sentenza n. 53203 del 22 novembre 2017 – questo si evince anche dalla stessa Relazione illustrativa al disegno di legge e dagli atti del dibattito parlamentare, ove emerge con chiarezza che l’intento dell’intervento riformatore è quello di evitare la proposizione di ricorsi in Cassazione destinati con grande frequenza alla declaratoria di inammissibilità, proprio per la obiettiva incapacità del ricorrente personalmente di individuare e censurare i vizi di legittimità del provvedimento impugnato in una cornice processuale connotata da spiccato tecnicismo.

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