Incostituzionale la presunzione sui prelievi degli autonomi dai loro conti correnti

Pubblicato il 07 ottobre 2014 È da considerare costituzionalmente illegittima la norma di cui all’articolo 32, comma 1, numero 2, secondo periodo del Dpr 600/1973 – così come modificata dalla Legge n. 311/2004 (Finanziaria 2005) – nella parte in cui stabilisce che per i titolari di reddito di lavoro autonomo sono presunzioni di ricavi o compensi, a base di rettifiche ed accertamenti, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei rapporti finanziari intrattenuti con gli intermediari, quando il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili.

Cade, così, la presunzione legale in materia di indagini finanziarie sui prelevamenti bancari effettuati dai lavoratori autonomi, in particolar modo nella fattispecie dei professionisti, che consente all’Amministrazione finanziaria di poter attribuire al prelievo non giustificato effettuato da questi ultimi sui loro conti correnti la natura di un investimento produttivo, da cui desumere un compenso e, dunque, un reddito non dichiarato.

A stabilire questo importante e attesissimo principio, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 228 del 6 ottobre 2014.

Presunzione incostituzionale

Secondo i giudici costituzionali, infatti, la presunzione in materia di indagini finanziarie, che era stata estesa ai lavoratori autonomi appunto dieci anni fa, è da considerare lesiva del principio di ragionevolezza e di capacità contributiva. Pertanto, è da considerare incostituzionale dal momento che è stata appunto estesa, in modo del tutto irragionevole ai titolari di reddito di lavoro autonomo, la presunzione “costi-ricavi” che è propria del reddito d’impresa.

Per i giudici, infatti, lo svolgimento dell'attività professionale è considerata cosa ben differente da quella dell'attività imprenditoriale, dunque è irragionevole ed arbitrario ipotizzare che i prelevamenti ingiustificati dai conti correnti, nel mondo professionale, siano destinati ad un investimento proprio della attività e che questo sia produttivo di compensi e, di conseguenza, di reddito.

Retroattività della norma

Proprio la profonda differenza tra l’attività di lavoro autonomo e quella d’impresa fa sì che il principio abbia una valenza ben più ampia rispetto alla semplice questione della retroattività della norma.

Nel caso di pronunce sfavorevoli già emesse, il contribuente può impugnarle eccependone la dichiarata incostituzionalità.
Per le liti in corso che scaturiscono dall’applicazione della norma in oggetto, invece, il giudice dovrebbe sollevare la questione ritenendo non provata la pretesa di maggiori compensi. Ma, a questo punto, il contribuente potrebbe opporre la decisione della sentenza n. 228/2014.
Infine, per gli accertamenti non ancora impugnati, se non interviene l'ufficio, si potrebbe richiedere in adesione o autotutela la revisione nella parte in cui si contestano le presunzioni dichiarate incostituzionali.
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