Indennità di maternità oltre il congedo per assistere i disabili

Pubblicato il 17 luglio 2018

Con sentenza n. 158/2018 - depositata il 13 luglio 2018 - la Corte Costituzionale ha affermato che il periodo di congedo straordinario fruito per assistere i portatori di handicap grave ex art. 42, comma 5 e segg., D.Lgs. n. 151/2001, va escluso dal computo di 60 giorni immediatamente precedenti l’inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, alla scadenza dei quali si perde il diritto alla fruizione dell’indennità giornaliera di maternità.

Il Giudice delle leggi ha, infatti, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 3, del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nella parte in cui non esclude dal computo di sessanta giorni immediatamente antecedenti all’inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro il periodo di congedo straordinario previsto dall’art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 151 del 2001, di cui la lavoratrice gestante abbia fruito per l’assistenza al coniuge convivente o a un figlio, portatori di handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4, comma 1, della Legge 5 febbraio 1992, n. 104.

A tal proposito, è utile rammentare che il T.U. sulla maternità e paternità accorda l’indennità giornaliera di maternità anche alle «lavoratrici gestanti che si trovino, all’inizio del periodo di congedo di maternità, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero, disoccupate», purché «tra l’inizio della sospensione, dell’assenza o della disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi più di sessanta giorni».

L’art. 24, comma 3, del medesimo Testo Unico esclude dal computo dei sessanta giorni le «assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti gestori delle relative assicurazioni sociali»; il «periodo di congedo parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente maternità»; il «periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento» e il «periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale».

Inoltre, è prevista una disciplina peculiare a favore della lavoratrice che, all’inizio del periodo di congedo di maternità, fruisca dell’indennità di disoccupazione, del trattamento di integrazione salariale a carico della cassa integrazione guadagni o dell’indennità di mobilità.

Per la Corte Costituzionale, la norma che prevede il congedo straordinario in questione risponde all’esigenza di garantire la cura del disabile nell’ambito della famiglia e della comunità di vita cui appartiene, allo scopo di tutelarne nel modo più efficace la salute, di preservarne la continuità delle relazioni e di promuoverne una piena integrazione.

L’assetto prefigurato dal legislatore pregiudica la madre che si faccia carico anche dell’assistenza al coniuge o al figlio disabili, e attua un bilanciamento irragionevole nei confronti di due princìpi di primario rilievo costituzionale, la tutela della maternità e la tutela del disabile.

Con l’imporre una scelta tra l’assistenza al disabile e la ripresa dell’attività lavorativa per godere delle provvidenze legate alla maternità, la disciplina censurata determina l’indebito sacrificio dell’una o dell’altra tutela, entrando così in contrasto con il disegno costituzionale che tende a ravvicinare le due sfere di tutela e a farle convergere nell’alveo della solidarietà familiare, oltre che nelle altre formazioni sociali.

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