Intercettazioni. Interpretazione nella valutazione del giudice di merito

Pubblicato il 18 aprile 2018

In materia di intercettazioni telefoniche, l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito.

Tale valutazione, se è motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza, si sottrae al sindacato di legittimità.

E ancora. Con riferimento ai risultati delle intercettazioni di comunicazioni, l’organo giuncante nel merito è tenuto ad accertare che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilità dei significati, assenza di ambiguità, “di modo che la ricostruzione del contenuto delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo dei colloqui intercettati”. In detto contesto, è ben possibile che il giudice fondi la sua decisione sul contenuto di tali conversazioni.

E’ quanto si legge nel testo della sentenza della Seconda sezione penale di Cassazione n. 17158 del 17 aprile 2018.

Riesame. Precisazioni sui limiti di sindacabilità della Cassazione

Gli Ermellini, con l’occasione, hanno anche fornito alcune precisazioni circa i limiti di sindacabilità, da parte della Cassazione, dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame sulla libertà personale.

Con riferimento a questi provvedimenti – viene spiegato - l'ordinamento non conferisce alla Corte di legittimità alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell'indagato, compreso l'apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate.

Si tratta, infatti, di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l'applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda né la ricostruzione di fatti, né l'apprezzamento del giudice di merito circa l'attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice dì merito.

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