La buona fede nella mediazione dà diritto al pagamento della provvigione

Pubblicato il 09 novembre 2009

Con sentenza n. 5348 del 5 marzo 2009 la Corte di cassazione ha cassato con rinvio la pronuncia della Corte di appello in quanto non aveva interpretato secondo i canoni di buona fede e correttezza la clausola contenuta in un contratto di mediazione tra agenzia e proprietario di un immobile.

I giudici di piazza Cavour hanno ricordato come il contratto di mediazione prevede che il mediatore abbia diritto al compenso anche qualora venga posta in essere la semplice attività consistente nella ricerca e nell’indicazione di un contraente, in quanto questa attività sia idonea per la conclusione dell'affare.

E’ quindi contraria alle norme di buona fede o correttezza nei contratti la presenza nel contratto di mandato di una clausola che esclude il pagamento della provvigione all’agenzia di mediazione se non si addivenga alla stipula del contratto definitivo di compravendita durante il mandato, non ritenendo sufficiente la sottoscrizione del preliminare. Infatti, ricordano i giudici di cassazione, “il principio della buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di condotta, deve presiedere all'esecuzione del contratto, così come alla sua formazione ed alla sua interpretazione ed, in definitiva, accompagnarlo in ogni sua fase”.

Nella specie si deve considerare che le parti, in costanza del contratto di mediazione, sono arrivati alla stipula del preliminare di vendita, a nulla rilevando che per cause successive imputabili alle parti non si sia arrivati alla conclusione del definitivo; è sufficiente questo per far sorgere il diritto alla provvigione, indipendentemente dalla scadenza o meno del mandato.

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