La Cassazione sulla dichiarazione di fallimento a iniziativa del PM

Pubblicato il 05 ottobre 2021

Precisazioni in tema di dichiarazione di fallimento su istanza del Pubblico Ministero: il PM è legittimato a richiedere il fallimento non solo qualora apprenda la "notitia decoctionis" da un procedimento penale pendente, ma anche ogni qualvolta la situazione di dissesto emerga dalle condotte specificamente indicate all’articolo 7 della Legge fallimentare.

Tali condotte, a ben vedere, non presuppongono come indefettibile la pendenza di un processo penale, potendo emergere anche da procedimento iscritto nel registro degli atti non costituenti reato, vale a dire il cosiddetto “modello 45”.

E’ questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione nel testo dell'ordinanza n. 26407 del 29 settembre 2021, con cui è stato definitivamente confermato il fallimento di una Srl, pronunciato dietro ricorso della pubblica accusa.

La Suprema corte, in particolare, ha ritenuto corrette le conclusioni con cui i giudici d'appello avevano sostenuto che sussisteva la piena legittimazione del PM, ex art. 7 della Legge fallimentare, ad agire per richiedere il fallimento della società in esame, avendo egli appreso la notizia dell'insolvenza dell'imprenditore nell'ambito di un procedimento penale pendente in fase di indagini preliminari.

Secondo la Corte territoriale, non rilevava né la fase né l'esito del suddetto procedimento.

Nella decisione, è stato richiamato anche l’approdo giurisprudenziale secondo cui il mancato pagamento di somme dovute all'amministrazione finanziaria per IVA ed iscritte a ruolo può considerarsi atto sintomatico di una situazione di insolvenza ai fini della dichiarazione di fallimento.

In tale ipotesi non rileva, in senso contrario, la circostanza dell'avvenuta impugnazione del ruolo stesso, che ha natura di titolo esecutivo, salvo il caso in cui il debitore dimostri che l'esecutività dell'atto impugnato è stata sospesa.

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