La Consulta cancella la manovra 2011 sui servizi locali

Pubblicato il 21 luglio 2012 La scure della Corte costituzionale si abbatte sulla riforma dei servizi pubblici locali, manovra del D.L. n. 138/2011, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 di detto decreto, recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, sia nel testo originario che in quello risultante dalle successive modificazioni. A disporla, la sentenza n. 199 del 20 luglio 2012.

La richiesta alla Corte di cancellare la norma è giunta dalle regioni Puglia, Lazio, Marche, Emilia-Romagna, Umbria e Sardegna.

Il citato art. 4 in discussione, ha limitato le ipotesi di affidamento in house dei servizi pubblici locali, senza gara, al di sotto di 900.000 euro alle società a capitale interamente pubblico; così facendo ha compresso in capo agli enti territoriali e locali il potere di qualificare la natura dei predetti servizi e di scegliere i relativi modelli di gestione, in contrasto con i principi di autodeterminazione degli enti locali (artt. 5, 114, 117 e 118 Cost.).

Inoltre, la Consulta rileva come l'articolo 4, adottato con d.l. n. 138 del 2011, è giunto dopo che, con referendum popolare, era stato abrogato l'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, in materia di modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, quindi contenente la precedente disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.

I due articoli risultano identici o, per meglio dire, la nuova norma rende ancor più ridotta la possibilità di affidamento diretto dei servizi. Risulta palese, in tale contesto, la violazione del divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare (art. 75 Cost.).
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