La documentazione illegalmente formata va distrutta solo su richiesta del Pm

Pubblicato il 11 luglio 2013 Secondo la Cassazione – sentenza n. 29433 depositata il 10 luglio 2013 – è il Pubblico ministero che, sulla base della procedura indicata dall'articolo 240 del Codice di procedura penale, commi 2,3 e 4, a dover chiedere, entro 48 ore al Gip, la distruzione della documentazione formata attraverso la raccolta illegale di informazioni, dopo avere proceduto, a mente del comma 2 citato, alla secretazione e alla custodia dei dati illegalmente acquisiti. E' poi il Gip a dover provvedere sulla relativa richiesta nel contraddittorio delle parti.

Ed infatti, spiega la Suprema corte, l'inutilizzabilità degli atti illegalmente formati non preclude che gli stessi possano comunque “valere come spunto di indagine, così come accade per gli scritti anonimi”.

Sulla scorta di detti assunti la Terza sezione penale di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un contribuente, indagato per dichiarazione infedele, che si era opposto all'ordinanza con la quale il Gip del Tribunale di Milano aveva accolto la richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico ministero nell'ambito del procedimento penale ma, contestualmente, aveva rigettato l'istanza dallo stesso avanzata di distruzione della documentazione acquisita – nella specie, la cosiddetta “Lista Falciani” - da cui avrebbe tratto origine il procedimento stesso.
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