La Legge 104 non vale ad evitare il trasferimento disciplinare del magistrato

Pubblicato il 08 aprile 2015 Con sentenza n. 6917 depositata il 7 aprile 2015, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, ha respinto il ricorso presentato da un magistrato, avverso l’ordinanza con cui il Consiglio Superiore della Magistratura aveva rigettato la sua richiesta di revoca o modifica della misura cautelare del trasferimento d’ufficio, disposto con altro provvedimento del medesimo Csm.

Il ricorrente, in particolar modo, censurava l’ordinanza impugnata, nella parte in cui non prevedeva l’applicabilità della Legge 104/1992 (sull’assistenza e l’integrazione sociale delle persone handicappate) al trasferimento cautelare, nonostante ne sussistessero, nel caso di specie, tutti i requisiti, stante l’invalidità della madre e del medesimo ricorrente.

L’invocata Legge prevede infatti che il genitore o familiare, lavoratore pubblico o privato, che assista con continuità un parente o affine entro il terzo grado handicappato, abbia diritto a scegliere, ove possibile, la sede più vicina al proprio domicilio e può essere trasferito in altra sede senza il suo consenso.

Invero la Cassazione, in riferimento al caso in esame –avallando un consolidato orientamento di legittimità - ha posto l’accento sull’inciso della norma “ove possibile”; espressione con cui il legislatore avrebbe inteso evitare che l’esercizio del diritto garantito, possa compromettere le esigenze economiche del lavoratore privato e o l’efficienza ed il buon andamento della pubblica amministrazione.

Ha dunque affermato la Corte, come detta interpretazione per così dire “restrittiva” in ordine alle finalità della Legge 104/1992, rende evidente, nel caso di specie, la sua inapplicabilità - sia in rifomento alla madre che allo stesso magistrato ricorrente - al trasferimento cautelare, la cui ratio è quella di evitare la permanenza nel luogo in cui si sono verificati i fatti contestati in sede disciplinare.
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