La pluralità di reati non esclude la messa alla prova

Pubblicato il 13 maggio 2015 La presenza di più reati contestati – per ciascuno dei quali la richiesta risulti ammissibile – non può di per sè giustificare il rigetto della richiesta di messa alla prova dell'imputato. E ciò a prescindere dall'esistenza o meno di un vincolo di continuazione tra gli stessi. 

E' quanto dedotto dal Tribunale di Milano, terza sezione penale, con ordinanza del 28 aprile 2015, ritenendo ammissibile la richiesta di sospensione del processo con messa alla prova, avanzata da un soggetto imputato per una pluralità di reati, tutti rientranti nei parametri fissati dall'art. 168 bis c.p.

Sarebbe infatti fuorviante – a detta del Tribunale – escludere al caso di specie l'applicazione dell'istituto in questione, solo perché l'art. 168 bis c.p. che lo disciplina, al comma 4, stabilisce che  "la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato non può essere concessa per più di una volta“.

Tutti i reati contestati, singolarmente considerati, soddisfano di fatto i requisiti richiesti per l'istituto de quo, sicché, come sopra interpretando, si finirebbe per attribuire alla menzionata locuzione "per più di una volta“ (facendola coincidere con "per più reati“) un significato in malam partem, stridente con il principio di legalità e con la stessa ratio del nuovo istituto della sospensione, volto evidentemente a perseguire finalità deflattive e ad offrire all'imputato l'occasione di intraprendere una diversa e più onesta condotta di vita.

Anche nell'ipotesi – hanno proseguito i giudici milanesi – che i reati contestati siano legati dal vincolo della continuazione (circostanza che tuttavia non ricorre nel caso in esame), la sospensione sarebbe comunque ammissibile. Questo perché anche l'istituto della continuazione ex art. 81, comma 2 c.p., non può essere interpretato in malam partem e va dunque considerato come unico reato o come pluralità di reati, a seconda che l'una o l'altra qualificazione sia più favorevole al reo.
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